Il fatto

Che i soldi degli italiani continuino ad accumularsi sui conti correnti è cosa nota. Meno dibattuto è invece il fatto che tra le cause di tale fenomeno vi sia, anche, l’impressionante riduzione delle obbligazioni bancarie in essere. Vi ricordate quando le banche (tradizionali) riempivano i portafogli dei clienti di propri titoli di debito, spesso caratterizzati da profili di rischio non facilmente decifrabili e da strutture opache (strutturate e subordinate giusto per intenderci)? Non è più così. Ampiamente foraggiate da anni di politica monetaria straordinaria e ultra-espansiva (QE, LTRO, full allotment), e così piene di liquidità dei depositanti, le banche hanno smesso di emettere obbligazioni. La tabella sottostante, tratta dall’ultimo outlook mensile dell’ABI, mostra come l’ammontare di obbligazioni in circolazione sia sceso in cinque anni (giugno 2016-giugno 2021) di oltre 158 miliardi. Se considerate che a novembre 2011 si erano toccati i 613 miliardi di outstanding, la riduzione è di oltre 400 miliardi in 10 anni.

 

Il commento

Il rischio di trasformazione delle scadenze viene insegnato in tutti i corsi di Economia delle Aziende di Credito (o di Tecnica Bancaria, come fieramente e ostinatamente continuo a denominare quello da me tenuto presso l’Università di Cagliari): se una banca raccoglie a breve e finanzia a lungo (come fisiologicamente avviene), si espone a differenti rischi che devono essere gestiti (rischio di tasso di interesse e di liquidità innanzitutto). Al momento sembra però che gli intermediari non ne siano troppo preoccupati. Per i consulenti finanziari il risvolto del fenomeno è interessante: tanti soldi fermi da “aggredire” commercialmente. Ma sbrigatevi! Se le banche tradizionali ritornassero ad emettere obbligazioni l’opportunità potrebbe scemare in breve tempo.