Possiamo tranquillamente dirlo: non si era mai visto!
In soli sei mesi abbiamo vissuto l’invasione russa dell’Ucraina; una inflazione persistente che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 40 anni negli USA e in buona parte del mondo; l’inizio di un ciclo di aumenti dei tassi della Fed e di quasi tutte le altre banche centrali più importanti (con la non poco sorprendente eccezione della banca centrale cinese); la grande performance delle materie prime (seppur con un ultimo ritracciamento. Vedi nostro precedente articolo) che hanno messo sotto pressione azioni e obbligazioni.
Il PIL mondiale continua sì a crescere, ma le previsioni per il 2022 sono state riviste al ribasso. Nell’ultima versione del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (FMI) si prevede che, a livello globale, la crescita rallenterà (curioso ossimoro) da una precedente stima del 6,1% (fatta però a fine 2021), al 3,6% nel 2022 e nel 2023.
Ciò ha portato il mercato a passare dalla paura dei tassi in crescita a quella di una imminente recessione. Con l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia si sta infatti riducendo il potere di acquisto dei consumatori, mentre le imprese potrebbero essere a breve costrette a tagliare i costi e i dipendenti se l’aumento dei salari inciderà ulteriormente sulla redditività.
Materie prime, azioni e obbligazioni
Favorito da differenti vicende, belliche e non, il settore che ha resistito al terremoto in questa prima parte dell’anno sembra essere quello delle materie prime; è infatti l’unico settore a chiudere il primo semestre del 2022 in “verde”. Tuttavia, se dividiamo i sei mesi in due trimestri, balza all’occhio come per alcune materie prime il secondo trimestre non sia stato particolarmente positivo. Diversi metalli di base e alcuni metalli preziosi hanno avuto performance inferiori rispetto al gruppo energia, cereali e bestiame.
Il grafico sottostante riporta l’andamento dell’indice Bloomberg commodity, che ha avuto una flessione confermata anche dall’indicatore MACD che mostra forti vendite e il momento negativo, portandosi sul livello 0,5% di Fibonacci e orientato verso la media 200 periodi (a 114), livello che a dicembre 2021 ha dato il via ad un forte rialzo (+42%).
Il Bloomberg Commodity Index
Ad ogni modo una cosa è certa: questa prima metà dell’anno è stata traumatizzante per i mercati finanziari. Abbiamo vissuto uno dei peggiori periodi mai registrati negli almanacchi, che hanno visto non solo il crollo dell’azionario, ma anche ed in contemporanea una vera e propria “Caporetto” per governativi e obbligazioni.
L’S&P 500 è sceso del 20.6%, il calo peggiore dal 1970 (ma minore ad esempio di quanto avvenuto nella grande depressione del 1937). Il Nasdaq ha perso il 29,5% registrando il suo peggiore inizio anno; gli indici europei hanno registrato il più grande ribasso semestrale dalla crisi finanziaria del 2008 e l’indice MSCI dei mercati emergenti ha avuto un calo del 18.5%. L’indice giapponese è sceso “solo” del 10%, ma il calo della sua valuta, lo yen, è stato molto più ampio.
Performance S&P500 (linea rossa) – Nasdaq (linea arancione) – STOXX 50 (linea azzurra) – MSCI Emergenti (linea viola) – Nikkei (linea gialla)
I portafogli, seppur diversificati, hanno sofferto da inizio anno soprattutto a causa della mancata correlazione inversa tra obbligazioni e azioni. Le obbligazioni hanno registrato il più grande calo della loro storia. Da gennaio il Bloomberg Global Aggregate Bond ha perso il 14% e i Treasury USA sono scesi del 10%; i titoli di Stato europei sono scesi del 12%.
La debacle del portafoglio 60/40 (azioni e obbligazioni)
E’ sempre stata considerata una soluzione ottimale nel medio lungo termine per l’investitore retail americano. Costruire un portafoglio composto per il 60% da azioni (diversificate ovviamente) e dal 40% di obbligazioni, dovrebbe permettere di dormire sonni sereni. Ma in questi primi sei mesi neanche questa asset allocation ha retto (vedi grafico sottostante).
Rendimenti portfolio 60/40
Fonte: Returns 2.0 awealthofcommonsense
Il raro double dip, di cui abbiamo parlato sopra, per azioni e obbligazioni si verificò in effetti anche negli anni ’70 e per tre trimestri di fila nel 1931. Non è però mai successo che questo accadesse per un anno intero: mai dire mai?
Nessuno ovviamente può sapere cosà accadrà sui mercati finanziari nei prossimi 6 mesi. Alcuni indicatori mandano però segnali interessanti. Un dollaro così forte, che ha guadagnato il 10% circa nella prima metà dell’anno, penalizza l’azionario e gli asset più rischiosi come le crypto che hanno visto la loro capitalizzazione di mercato scendere sotto il trilione di dollari per la prima volta.
Grafico di Bitcoin
Dal grafico possiamo vedere la costante discesa di Bitcoin che ad oggi ha perso quasi il 60% del suo valore da inizio anno. La moneta digitale ha rotto per la seconda volta in poche settimane il livello psicologico dei 20 mila dollari.
Ad una estate bollente potrebbe seguire un autunno particolarmente freddo.