Nella foto Marty Feldman, nel film Frankenstein Junior: “Potrebbe andar peggio, potrebbe piovere

 

Se non lo avete ancora capito, quest’anno va così.

Le borse nei giorni scorsi sono salite perché i nuovi dati non sono stati positivi, e c’è stato un rimbalzo (anche) fisiologico da condizioni di estrema negatività. Sono i tipici rally da Bear Market: paradossalmente si è pensato al rallentamento economico come buon auspicio per una politica monetaria meno aggressiva e, quindi, meno propensa ad aumentare i tassi (o magari a fare una retromarcia).

Un po’ come avvenuto nel caso britannico: in presenza di una forte instabilità finanziaria la politica monetaria è intervenuta nel mercato dei gilt per scongiurare il crollo, tramite acquisti di obbligazioni a lunga scadenza e ritardando le vendite pianificate nell’ambito del programma quantitative tightening (il programma di acquisto si svolgerà fino al 14 ottobre per un totale di 61 miliardi di sterline).

Inoltre, l’affaire Credit Suisse mette in pensiero l’economia mondiale. Perché?

A differenza di Lehman Brothers, che deteneva asset per circa 600 miliardi di dollari, questa banca svizzera, insieme a Deutsche Bank, detiene 3,3 volte di più, circa 2.000 miliardi di dollari.

I prezzi dei credit default swap (CDS) su Credit Suisse, essenzialmente un’assicurazione contro un potenziale default, hanno raggiunto il livello più alto dal 2008, mentre per quanto riguarda la banca tedesca, essa è scambiata circa al suo valore contabile tangibile (TBV). Come a dire: vale quanto i suoi immobili, nulla di più.

Tutto ciò si sta ovviamente riflettendo sulle performance di borsa, che hanno subito un crollo verticale (oltre il 40%) nonostante entrambe le banche abbiano un coefficiente di copertura della liquidità superiore al 140% (Liquidity Coverage Ratio – LCR).

 

Banche centrali al bivio

Per molti osservatori le banche centrali si trovano davanti ad un bivio: continuare ad aumentare i tassi di interesse per riportare l’inflazione al 2%, destabilizzando però il sistema finanziario globale fortemente indebitato, oppure allentare la morsa sui tassi di interesse e guardare l’inflazione radicarsi ancor di più.

In entrambi i casi, saranno i cittadini a pagare il prezzo. Infatti, anche se l’inflazione dovesse iniziare a scendere, l’effetto cumulativo del rallentamento in atto continuerà ad erodere il potere d’acquisto dei consumatori. Si vedano al riguardo le interessanti riflessioni di Isabel Schnabel.

Celebrare un possibile rallentamento dell’inflazione come un reale calo dei prezzi è una considerazione superficiale. Il problema per gli economisti delle banche centrali è che le valutazioni sono basate su dati ritardati, e soggette spesso e volentieri a revisioni negative dopo la loro diffusione. Senza dimenticarci che la politica monetaria stessa ha un effetto ritardato sull’economia di circa 9-12 mesi.

Prendiamo ad esempio il caso degli utili stimati per le società S&P 500, che rimangono tutt’ora elevati. Questo dà un senso di sicurezza agli investitori che non si rendono conto che la maggior parte delle società dell’indice sono ancora sopravvalutate. D’altronde se lo scopo principale del rialzo dei tassi d’interesse è rallentare l’inflazione, il rischio di una recessione rimane elevato: e non si può non considerare che il rallentamento economico e gli utili societari sono ovviamente correlati. E’ molto probabile che il mercato non abbia ancora scontato del tutto la situazione. Come si evidenzia nel grafico sottostante, gli utili per azione sono stati stimati al ribasso solo a partire dalla prima parte del 2023.

 

SPX utili per azione stimati

Fonte: Morgan Stanley Wealth Management

 

Ad avvalorare la tesi di una possibile interpretazione distorta del mercato, è Michael Smolyansky, economista della Fed, che ha recentemente affermato che la crescita degli utili rallenterà in modo apprezzabile. Nell’ultimo ventennio, infatti, i profitti aziendali sono notevolmente aumentati grazie calo delle spese per tassi di interesse e alle aliquote fiscali più basse. Egli sostiene che è improbabile che tali spinte favorevoli ai profitti aziendali continueranno; la crescita degli utili e dei rendimenti azionari sarà per forza di cose minore.

Nel grafico seguente si evidenzia quanto affermato. I vari indicatori di crescita reale per le imprese non finanziarie dell’S&P 500 (corretti per l’inflazione) mostrano (linea blu) la crescita reale del Market cap delle società (tasso annualizzato del 5,9%) e l’utile netto (in rosso) che è cresciuto a un tasso del 5,4%. La linea verde aggiunge le spese fiscali all’utile netto, risalendo quindi nel conto economico all’utile pre-tax; la linea viola addiziona gli interessi all’utile netto pre-tax risalendo al ben noto EBIT. Il tasso di crescita risulta chiaramente inferiore.

Le ultime due linee, la crescita delle vendite reali in arancione e la crescita del PIL reale in nero, sono cresciute solo di circa il 2% l’anno dal 2004.

In definitiva: tasse e tassi di interessi più bassi, e una maggiore leva finanziaria hanno stimolato positivamente la crescita della redditività e del valore di borsa delle aziende. Ben più dell’aumento dei fatturati.

 

Indicatori di crescita reale per le imprese non finanziarie S&P 500

Fonte: federalreserve.gov

 

Detto ciò, il mercato sta continuando a scendere, e a confermarlo sono le letture ribassiste nell’indagine AAII (fonte: aii.com) sul sentiment degli investitori che mostrano un pessimismo diffuso e a livelli record; il sentimento rialzista è invece tra le 50 letture più basse nella storia del sondaggio.

Inoltre la forza del mercato, rappresentabile dall’andamento del settore Industriale e da quello dei Trasporti, che ci mostrano “dove ci troviamo” e la “salute” dell’economia, resta al ribasso.

 

DJ Industrials (linea rossa) –  DJ Tranport (linea arancione)

 

Il Dow Industrials e il Dow Transports hanno segnato nuovi minimi avvicinandosi ai livelli Pre-Covid, segnando così l’andamento generale del mercato. Da inizio anno hanno perso rispettivamente il 18% e il 22%.

 

Le cose potrebbero ulteriormente peggiorare (prima di migliorare)?

E’ probabile; ma ciò che bisogna rammentare è che le azioni tenderanno comunque ad offrire, nel tempo, rendimenti positivi e nuovi massimi.

Il mio personale concetto di investimento si applica perfettamente allo stato attuale. Più il sentiment è ribassista nel breve periodo, più sono rialzista nel lungo periodo. Ma non è facile con le politiche attuali, la guerra in atto, l’inflazione, le crisi valutarie, la carenza di energia e l’economia in procinto di entrare in recessione. Quindi:

– Ho aumentato i livelli di liquidità,

– Ho ridotto il rischio azionario (Beta elevati) e delle materie prime,

– Ho considerato l’aumento della duration nelle allocazioni obbligazionarie,

– Ho Esteso l’orizzonte temporale degli investimenti.

Nessuno può sapere quando si toccherà il fondo. Proteggere il capitale è il primo passo per non restare troppo tempo “sott’acqua” anche dopo la tempesta.