I rischi di un passaggio generazionale non pianificato
L’80% degli italiani non ha ancora fatto testamento; di questi ben il 60% dichiara che non ha nessuna intenzione di farlo nemmeno in un futuro. Buona parte, comunque, tocca ferro (o altro) per non sbagliarsi.
Ma cosa può comportare questo tabù di non voler affrontare il momento per tutti ineludibile? Quali problemi si possono celare dietro il fatto di non lasciare le proprie ultime volontà?
La maggior parte delle persone non è completamente consapevole delle conseguenze che potrebbe avere una successione non adeguatamente pianificata. Ad esempio, nel caso di coppie coniugate e senza figli, la partecipazione dei fratelli all’eredità può comportare situazioni indesiderate di comproprietà col coniuge perfino della casa di abitazione. Perché esporre i propri affetti ad un rischio simile? Sarebbe senz’altro meglio, più razionale e più efficiente, predisporre in anticipo l’assegnazione dei propri beni ai singoli eredi, ed evitare quindi conseguenze non piacevoli e liti tra famigliari.
Per aiutare fattivamente i clienti a decidere bene ed in anticipo in merito alla successione dei propri beni, un buon Consulente Patrimoniale dovrebbe tenere a mente tre rischi in cui ci si può imbattere quando si programma il proprio passaggio generazionale. Vediamo di che si tratta.
Inefficienza fiscale
Pur essendo l’Italia, specie all’interno del contesto europeo, un vero e proprio (ed inaspettato) paradiso fiscale per quanto attiene alle imposte di successione (tassazione minima del 4% contro una aliquota minima del 7% in Germania, del 15% in Svizzera e del 40% in Inghilterra), laddove il patrimonio del cliente superi le franchigie di legge (comunque ad oggi molto alte rispetto alla media europea) gli eredi potrebbero trovarsi in difficoltà nel saldare il fisco, dovendo allora ricorrere a rapide ed indesiderate vendite di beni.
E’ noto che per efficientare fiscalmente il passaggio generazionale sono disponibili diversi strumenti: oltre alle tradizionali polizze esenti dall’imposta di successione e che non transitano nell’asse ereditario, possono essere sfruttati anche investimenti fisici quali autoveicoli d’epoca iscritti al pubblico registro (ma anche auto d’epoca da corsa non iscritte in nessun registro), beni culturali e opere d’arte in genere, e la possibilità della presunzione del valore legato a beni come denaro, gioielli, mobilia (si veda al riguardo https://www.contemplata.it/2018/04/denaro-gioielli-mobilia-e-opere-darte-come-passano-in-successione/)
Frammentazione del patrimonio
La famosa comunione ereditaria (ossia la situazione di contitolarità del patrimonio ereditario che si instaura tra gli eredi, che hanno accettato l’eredità, prima che venga effettuata la divisione dei beni) viene applicata a ciascun bene che costituisce il patrimonio oggetto di successione (cosiddetto asse ereditario).
Su questo aspetto il principale problema che abbiamo in Italia è rappresentato dalla grande quantità di immobili detenuti e che dovranno passare in successione. Ciò può comportare dei rischi? Beh, basta andare a vedere nei tribunali quante cause civili relativi ad immobili avuti in eredità sono in essere.
L’errore sta nel fatto che non si divide in maniera ponderata questi beni tra gli eredi, ma si tende a lasciare gli immobili agli eredi in maniera indistinta: ad esempio, se lascio tre immobili a tre figli, pensando che così ognuno ne avrà uno, ma non decido specificamente quale immobile deve andare a ciascun figlio, creo una situazione problematica in quanto gli eredi potrebbero non essere d’accordo su come spartirsi questi beni, ovvero sul loro valore.
La soluzione migliore in presenza di più eredi legittimi, e in presenza di più immobili, è quindi la ripartizione equa dei beni; ovvero ad ogni legittimario lasciare un immobile, e laddove vi siano degli scompensi di valore compensare con la liquidità.
L’atteggiamento più comune, invece, è come detto quello di non scrivere niente (qui basta un semplice testamento olografo che non costa nulla) lasciando la comunione ereditaria dei beni. Anche in questo caso si possono adottare diverse soluzioni per risolvere anticipatamente la questione: si va dalle semplici volontà testamentarie, alle donazioni in vita (magari sfruttando la possibilità della donazione della nuda proprietà che permette al genitore di vivere nella casa ceduta fino alla fine dei suoi giorni e di diminuire, al contempo, il carico fiscale per gli eredi), se non addirittura alla vendita diretta agli eredi.
Discontinuità aziendale
L’Italia è piena di piccole e medie imprese, prevalentemente aziende famigliari in mano a imprenditori che, molto spesso, sono anagraficamente anziani. Tali realtà necessitano quindi di un adeguato passaggio generazionale che garantisca la continuità della gestione dell’azienda; e individuare l’erede più idoneo per gestire l’azienda può essere un problema.
Innanzitutto si dovrà decidere se il futuro capo azienda debba essere scelto all’interno del nucleo famigliare (sempre che qualcuno degli eredi sia in grado e disponibile a gestire il business), o se sia meglio delegare la gestione dell’impresa a manager esterni, restando gli eredi esclusivamente dei soci di partecipazione. Tale decisione va affrontata nei tempi e nei modi corretti, ad esempio tramite testamento o, meglio, tramite un patto di famiglia quando ancora tutti gli intestatari sono vivi per evitare litigiosità nei componenti della seconda/terza generazione. In questo modo viene individuato un singolo erede che andrà a dirigere l’azienda mentre gli altri eredi saranno liquidati in maniera equa.
Per comprendere la criticità del problema si tenga presente che i dati di Confindustria ci dicono che il 33% delle imprese non superano il primo passaggio generazionale, e si scende al 15% al secondo. Sono dati preoccupanti e per questo è importante fornire consigli e strumenti che possano aiutare a preservare questo patrimonio e aiutare le aziende che devono affrontare un cambio generazionale.
L’ultimo punto di attenzione per una corretta pianificazione successoria è quello di capire con il cliente se egli desidera lasciare tutto il patrimonio dopo la propria dipartita, oppure se vi è la possibilità e la volontà di affrontare, ancora in vita, tale passaggio attraverso una serie di donazioni.
Sotto il profilo sostanziale non vi sono notevoli differenze, tutto sommato. Se si vuole già dividere i beni tra i propri successori, lo si può certamente fare disponendo a loro favore in vita con altrettanti atti di donazione; ma si può ottenere lo stesso risultato anche con un testamento che contenga disposizioni specifiche per la divisione del patrimonio tra gli eredi.
Sotto il profilo fiscale, invece, non è possibile fare raffronti generali sulla convenienza delle due alternative, in quanto tale convenienza deve essere analizzata caso per caso. Tuttavia, è lecito osservare che sebbene alle successioni e alle donazioni si applicano oggi le medesime imposte, è vero che alla donazione si applicano le norme fiscali in vigore al momento in cui viene sottoscritto il relativo atto pubblico; alla successione, invece, quelle vigenti al momento della morte del disponente. Da qui al momento della propria dipartita le norme e le aliquote relative alla successione potrebbero quindi mutare.