Alcune considerazioni sulla discesa dei mercati

Ok, ci sarà. Ma come sarà?

Il probabile aspetto della prossima recessione è quello di una fase di crisi più lunga del previsto, sebbene magari non così profonda.

Questo perché l’inflazione ai massimi storici (9,1% l’ultima rilevazione USA) e i dati non troppo negativi sulla disoccupazione stanno influenzando, per il momento, le manovre delle Banche Centrali. Powell, il presidente della Fed, ha ribadito che l’obiettivo principale è portare l’inflazione al 2%. Ciò potrebbe compromettere la redditività di molte aziende che saranno costrette, prima o poi, a tagliare costi e personale.

Inutile girarci intorno: le Banche Centrali non possono combattere l’inflazione e nello stesso tempo sostenere l’economia.

In America il debito pubblico è raddoppiato rispetto al 2008 e, similmente, il debito delle imprese è a livelli record. In area euro l’Industrial Producer Prices Index (sul mercato interno), che misura la variazione mensile del prezzo di scambio di prodotti e servizi correlati dal punto di vista del venditore, è del 36.3% a maggio e mostra segnali di decelerazione rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (ad aprile si attestava al 37,2%), e presto potrebbe impattare sul Consumer Price Index e sul tasso di risparmio delle famiglie che tende ad aumentare durante fasi di rallentamento (come nel 2020).

La situazione attuale ha inevitabilmente portato ad un rafforzamento del dollaro (DXY), che da inizio anno ha avuto una crescita del 13.5% rispetto allo yen, alla sterlina e all’euro. La parità con quest’ultimo è stata bucata proprio oggi (13 luglio).

Un altro segnale importante è dato dal petrolio che nell’ultimo mese ha perso oltre il 15%, riportandosi per qualche giorno sotto i 100 dollari (circa 96 il 13 luglio). Il prezzo dell’oro nero rimane comunque altamente volatile, influenzato non solo dalle notizie relative al conflitto Russia – Ucraina, allo sciopero in Norvegia e alle interruzioni delle forniture in Libia, ma anche da recenti analisi, quali quella di Citigroup, secondo cui il greggio potrebbe scendere a 65 dollari quest’anno. Ci si aggiunga la Cina nuovamente intenzionata ad applicare la politica Zero-Covid e la frittata è fatta.

Secondo gli esperti di Bloomberg (vedi grafico), le probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi sono salite al 38%.

Dal grafico è possibile osservare come i livelli di probabilità di recessione siano ancora bassi, ma in continuo aumento. Altri indicatori ci dicono che la paura e lo stress non sono ancora arrivati ai loro massimi.

 

Rapporto IWD/IWF ( iShares Russell 1000 Value ETF  – iShares Russell 1000 Growth ETF)

Dal grafico possiamo notare come da inizio 2022 le azioni value (rettangolo in verde) hanno sovraperformato quelle growth mentre nell’ultimo mese e mezzo c’è stata un’inversione, le growth (rettangolo in rosso) stanno avendo la meglio.

In merito invece alla volatilità, per quanto essa si attesti in maniera persistente su livelli alti (sempre sopra i 20 punti con picchi di 30), non si sono ancora visti i livelli registratisi nelle recessioni precedenti. Il grafico sottostante mostra l’andamento degli indici di volatilità dell’S&P500 e del Nasdaq. La domanda sorge spontanea: il vero panico non è ancora arrivato?

 

Grafico del VIX (linea rossa) e VXN (linea arancione)

Un’altra considerazione da fare attiene agli effetti fin qui visti della politica monetaria. Quello che emerge, infatti, è che negli ultimi mesi molte vendite sono state “guidate” proprio dalle decisioni delle Banche Centrali, FED in primis ovviamente. Ma ora cosa succede?

Se prendiamo ad esempio l’ETF ProShares Equities for Rising Rates (EQRR), focalizzato sulle aziende che performano meglio in situazioni di rialzo dei tassi[1], possiamo notare che non sta più beneficiando dai movimenti dei tassi, e che da giugno non ha fatto che scendere, perdendo il -18.7%.

Questa debolezza può essere meglio esaminata tramite il rapporto EQRR/IWD (a denominatore un ETF specializzato in aziende value, iShares Russell 1000 Value ETF). In sintesi pare che il mercato abbia ormai scontato l’aumento dei tassi, e a meno di scelte impreviste il tightening sembra essere digerito.

 

ETF EQRR

EQRR/IWD

L’HYG, cioè l’ICE BofA US High Yield Index Option Adjusted Spread, che misura il rischio di recessione attraverso le probabilità di insolvenza delle società più rischiose mostra come i livelli di pericolo del 2008 e del 2020 siano ancora lontani.

 

HYG

Dall’altro lato invece se analizziamo il differenziale tra US02Y – US10Y  troviamo che la curva è tornata in zona negativa. L’inversione, come noto, è sintomo di stress sui mercati e fa presagire una recessione nei mesi a venire.

 

US02Y -US10Y

La volatilità obbligazionaria, rappresentata dall’indice MOVE si trova vicino ai livelli del 2020

 

MOVE Index

L’indice, andato al di sotto della soglia degli 80 punti (e perfino dei 55 punti in alcuni momenti) nei mesi precedente, è ritornato al di sopra dei 100. Che gli investitori si siano riposizionati sulle obbligazioni viste come “porto sicuro”?.

Un altro segnale di stress può essere letto nel rapporto rame/oro. Il rame (metallo industriale) che sottoperforma l’oro dopo mesi di lateralizzazione, regala ulteriori punti a chi ipotizza un rallentamento economico.

 

Rame/oro

 

Infine, ad avvalorare la tesi che i mercati hanno ancora spazio per scendere, è Micheal Burry, fondatore di Scion capital management e famoso per aver previsto la crisi finanziaria del 2008. Secondo il Guru della Grande Scommessa siamo solo alla metà della flessione del mercato, gli utili delle società risentiranno degli effetti dell’inflazione e dell’aumento dei tassi d’interesse.

 

Proiezione guadagni aziende dell’S&P500 – stime profitti (linea nera) – S&P500 (linea rossa)

Ma non si dice sempre che, comunque, gli utili attesi sono in crescita?

Il rischio è che le stime degli analisti siano troppo ottimistiche e decisamente lontane dalla realtà. Infatti se guardiamo il grafico di Bloomberg che incrocia le stime sugli utili degli analisti (linea nera) con l’andamento del mercato (linea rossa), non ci si può non chiedere chi stia sbagliando. Il mercato o gli analisti?

 

[1] The goal of the fund is to provide relative outperformance, as compared to traditional U.S. large-cap indexes, such as the S&P 500®, during periods of rising U.S. Treasury interest rates. https://www.proshares.com/globalassets/proshares/fact-sheets/q1-2022-fact-sheets/prosharesfactsheeteqrr.pdf