L’allarme risuona ormai tutti i giorni. Migliaia di famiglie italiane attratte a stipulare mutui a tasso variabile quando i livelli dei benchmark Euribor erano intorno o sotto lo zero, ora si ritrovano con rate fuori budget.

Come è potuto succedere? Il classico cigno nero difficile da prevedere ed evitare, oppure qualcuno qualche responsabilità se la deve pur prendere?

Le ragioni, in realtà, sono diverse.

Innanzitutto, non possono non citare Marco Liera che in un recente post mette in evidenza come “milioni di famiglie prendono la decisione finanziaria più rischiosa della loro vita senza una vera consulenza (mentre per sottoscrivere un piano di accumulo da 100 euro al mese in un fondo monetario devono fare la profilazione MIFID e compilare decine di pagine)“. Touché

Aggiungiamoci un’altra semplice constatazione. Per quanto la normativa imponga alle banche di agire al meglio per gli interessi dei clienti, le decisioni di investimento e di finanziamento di questi ultimi “cozzano” spesso con le logiche economico-finanziarie delle banche (specie quelle tradizionali), ed i conflitti di interessi sono inevitabili. Non è un segreto, ad esempio, che con un tasso di deposito BCE al 3,75% l’incentivo delle filiali a mettere in moto la liquidità ferma sui conti diminuisce notevolmente.

E poi, come ovvio, la solita mancanza di educazione finanziaria dell’italiano medio.

Tuttavia, mi voglio soffermare in questo articolo su un altro aspetto, valutando se alcuni errori comportamentali tipici possano aver inciso sulla scelta di molte famiglie di optare per il tasso variabile.

Tasso fisso o tasso variabile?

E’ una domanda tipica che mi viene chiesta da amici e conoscenti se non, a volte, addirittura da esperti del settore. “Devo stipulare un mutuo: cosa mi consigli, il tasso fisso o quello variabile?”.

La mia risposta, indipendentemente dalla situazione macroeconomica, tende normalmente verso il tasso fisso.

In una logica di pianificazione finanziaria, infatti, ritengo che l’aspetto fondamentale da considerare sia la capacità della famiglia di sostenere nel tempo il peso della rata. Se rispetto al reddito disponibile la rata fissa è sostenibile (sebbene in partenza possa essere più alta di quella variabile), meglio bloccarla e dormire sonni tranquilli. Anche perché è probabile che durante la lunga vita del mutuo il reddito da lavoro aumenti, rendendo ancora più agevole pagare il costo del finanziamento. Ed eventualmente si può utilizzare successivamente la surroga.

Viceversa, se si opta per il tasso variabile, oltre a scommettere sulla propria capacità reddituale si scommette anche sull’andamento dei tassi di interesse. Se il reddito della famiglia è abbondantemente capiente, ovvero se comunque si dispone di altre risorse e ricchezze, allora la scommessa potrebbe avere un senso: nel corso del tempo i tassi a breve a cui è agganciata la rata potrebbero infatti mantenersi a livelli sufficientemente bassi.

Nella realtà, tuttavia, capita spesso che se la rata iniziale del mutuo a tasso variabile proposto dalla banca è significativamente più bassa di quella del mutuo a tasso fisso, la famiglia tende ad optare per il variabile, senza tenere adeguatamente conto del fatto che in un arco temporale lungo vi potrebbero essere momenti di forte rialzo dei tassi di interesse.

Perché?

La finanza comportamentale, anche qui

Entra in gioco, anche qui, la finanza comportamentale. Euristiche e bias(es) portano ad una visione distorta dei fenomeni. Vediamo alcuni.

L’euristica della disponibilità fa riferimento al fatto che gli individui, nella raccolta delle informazioni, sono influenzati dalla facilità con la quale esse possono essere richiamate alla mente. Si tende cioè a giudicare la probabilità di accadimento di un evento sulla base della facilità con cui si riescono a ricordare eventi simili accaduti in passato.

Ad esempio, se si chiede ad un gruppo di investitori quale è la probabilità che un mercato crolli la risposta varia molto a seconda che nell’anno precedente si sia o meno verificato un crollo e di quale entità sia stato.

Per quanto riguarda i mutui, è probabile che dopo un decennio di tassi vicino allo zero, le famiglie si siano completamente dimenticate del fatto che i tassi potessero risalire a livelli comunque visti in passato diverse volte.

L’overconfidence, o iper-sicurezza, è una distorsione cognitiva che conduce gli individui a sovrastimare le proprie capacità previsionali. Quando si trovano in una situazione in cui è richiesta la determinazione di un giudizio probabilistico, le persone ritengono di essere più abili e di disporre di informazioni migliori di quanto si verifichi nella realtà.

Il meccanismo dell’overconfidence può generare scelte di investimento non razionali ed effetti particolarmente dannosi. In primo luogo gli investitori possono sovrastimare la propria capacità di selezionare titoli/prodotti (nel nostro caso mutui). Da qui la tendenza al fai da te e a generare previsioni basate su proprie percezioni e non su stime oggettive: “Figurati se i tassi risalgono ai livelli di 20 anni fa!

Una ulteriore conseguenza negativa dell’overconfidence sulle decisioni di investimento o di finanziamento è relativa alla sottostima dei rischi. Se si verificano eventi estremi più frequentemente di quanto si pensi, allora gli investitori possono essere colti impreparati (“Figurati se i tassi risalgono ai livelli di 20 anni fa!”). La pericolosità risulta quindi connessa all’inclinazione degli individui a sottovalutare il cosiddetto downside risk.

Simile, ma non equivalente, all’overconfidence vi è poi il bias dell’ottimismo. Si tratta della tendenza ad essere eccessivamente ottimisti circa le proprie abilità e le previsioni formulate. A differenza dell’overconfidence non è un errore cognitivo, ma una distorsione psicologica di carattere emozionale (ad esempio: più dell’80% degli individui ritiene di essere un guidatore di auto migliore della media).

In campo finanziario, l’ottimismo si concretizza ad esempio nel fatto che gli individui sono spesso propensi a ritenere che i propri investimenti presenteranno nel futuro rendimenti sopra la media.

Per quanto attiene alla scelta del mutuo a tasso variabile l’ottimismo funzionerebbe all’incirca così: “Figurati se capita proprio a me che i tassi risalgano. Rimarranno ancora bassi a lungo.

 

Quali insegnamenti trarne allora?

Un buon pianificatore si deve occupare sia della gestione dell’attivo del bilancio del proprio cliente, sia di quella del passivo. Come indicato da Liera, la scelta del mutuo (specie per la prima casa) è spesso quella più importante nella vita e nello sviluppo finanziario di una famiglia.

Se nessuna legge impone specificamente una verifica dell’adeguatezza del mutuo (a parte, ovviamente, i sistemi di valutazione del rischio di credito interni delle banche), il compito ricade comunque sul pianificatore/consulente finanziario.

E non dimenticatevi di agganciare al mutuo una adeguata polizza TCM.