È un vecchio aneddoto raccontato anni fa da un manager di una rete di consulenti finanziari: “Quando i miei uomini mi chiedono dove trovare nuovi clienti gli racconto la storia del pesciolino che chiede al padre: dov’è il mare?”.

Il mare (i clienti) sono intorno a te. E ce ne sono tanti come recita il detto inglese “there are plenty more fish in the sea”, utilizzato per rincuorare chi, in una relazione, viene lasciato (“chiodo scaccia chiodo” diremmo noi).

I risultati del sondaggio da me lanciato su Linkedin nella seconda metà di agosto mi hanno fatto tornare alla mente quanto sopra. Perché proprio i nuovi clienti, a detta dei rispondenti, sono quelli che hanno fatto crescere maggiormente il portafoglio.

Ma andiamo con ordine.

 

La domanda e le risposte del sondaggio

Il sondaggio era rivolto ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, cioè coloro che agiscono come agenti di mandanti. Ho chiesto poi di rispondere solo a coloro che erano attivi da più di cinque anni. Non posso tuttavia garantire che il campione di rispondenti (508) rispetti perfettamente i requisiti indicati: probabilmente anche qualche consulente con meno anni di esperienza ha risposto, così come qualche consulente autonomo e qualche private banker dipendente di banca.

In generale, tuttavia, mi è possibile affermare che i rispondenti appartengono a tutte le principali reti operanti in Italia e che, di conseguenza, non vi sono distorsioni dovute ad effetti di concentrazione del campione.

Il quesito posto era chiaro, e semplice da interpretare per gli addetti ai lavori:

Negli ultimi 5 anni qual è stato il principale driver di crescita del tuo portafoglio?

Le possibili risposte (con in parentesi le percentuali di risposta) erano le seguenti:

  1. Raccolta da clienti esistenti (33%)
  2. Raccolta da nuovi clienti (57%)
  3. Andamento mercati (4%)
  4. Riassegnazione di clienti (5%)

Purtroppo i limiti posti da Linkedin non mi hanno permesso di inserire una quinta ipotesi: e) non saprei. Che, a ben vedere, sarebbe potuta essere una risposta (non poco) gettonata.

 

Considerazioni sui risultati

Veniamo alle possibili considerazioni sui risultati: in parte prevedibili, in parte no.

Che il significativo aumento delle masse gestite dalle reti dei consulenti finanziari, verificatosi negli ultimi anni, sia stato principalmente guidato dalla crescita del numero di clienti serviti è cosa ben nota nel settore. Basta sfogliare le relazioni annuali di Assoreti per rendersene conto.

E qui, è giusto dirlo, da un lato una mano è stata data (paradossalmente) dalla pandemia, che ha fatto comprendere ai clienti quanto un consulente sia molto più raggiungibile e presente di un operatore di sportello; dall’altro la stessa trasformazione morfologica ed organizzativa del settore bancario tradizionale (leggasi chiusura degli sportelli) ha agevolato il modello di business delle reti.

Mettiamoci poi la bravura, le competenze, le capacità, la voglia di crescere dei consulenti: e ci mancherebbe!

E mettiamoci anche che, in molti casi, i clienti già in essere, specie se ormai avanti con l’età, risultano (permettetemi la metafora) “un po’ spremuti”: nel senso che il cliente di vecchia data ha già probabilmente girato al suo consulente la gran parte del suo patrimonio e si trova in una fase del ciclo di vita in cui, più che risparmiare ancora, magari ha la necessità di decumulare (raccolta netta negativa).

Tuttavia, ritengo che un’attenta analisi delle potenzialità del proprio portafoglio clienti non sia mai da sottovalutare: magari i clienti mi hanno già dato molto del loro patrimonio, ma potrebbero avere bisogno di altri servizi (coperture assicurative, passaggio generazionale, tutela del patrimonio); potrebbero avere nel frattempo ereditato; potrebbero essere in procinto di vendere un immobile; potrebbero avere dei figli; potrebbero darmi dei referrals ecc.. ecc.. ecc..

Ad ogni modo, se si vuole crescere, fare nuove clienti necesse est. Se non altro per compensare le fisiologiche perdite di portafoglio e di clienti esistenti che si verificano ogni anno. Ma su questo torneremo oltre.

Passando alle altre risposte, comprendo che la riassegnazione di clienti, pratica ampiamente diffusa e sempre più necessaria visto l’invecchiamento delle reti, sia un driver comunque limitato ad alcuni. Ok, ci sta.

Merita invece qualche considerazione in più il misero 4% relativo all’andamento dei mercati.

Negli ultimi 5 anni l’indice MSCI ACWI ha avuto (nonostante tutto) una performance annualizzata del 9,53% (factsheet al 31 luglio 2023). Il che significa che 100 euro investiti sarebbero diventati in 5 anni 157,64 euro. Ma di certo non tutti i clienti dei consulenti finanziari sono investiti al 100% nell’azionario internazionale.

Prendiamo allora il Bloomberg Global-Aggregate Total Return Index (titoli obbligazionari investment grade multi-curency): negli ultimi 5 anni (data di riferimento 31 agosto 2023) ha purtroppo perso in valore assoluto il 6,35%. 100 euro investiti sarebbero oggi 93,65 euro.

Immaginando un portafoglio 50/50 composto dai due indici, si avrebbe negli ultimi 5 anni una performance assoluta del 25,64% circa.

E quindi?

Di certo non voglio dire che l’esempio proposto sia rappresentativo del portafoglio medio dei clienti dei consulenti finanziari. Né che la crescita delle masse gestite da un consulente sarebbe perlomeno dovuta essere, a bocce ferme (cioè non raccogliendo nulla dai vecchi e dai nuovi clienti), pari alla percentuale appena indicata. Né che l’andamento del mercato sia il principale driver di crescita (Dio me ne scampi); ma che qualche effetto lo abbia avuto direi che non è da scartare come ipotesi.

 

I nuovi clienti: se Maometto non va alla montagna ….

Ma torniamo ai nuovi clienti. Per crescere, lo abbiamo capito, servono quelli.

Ce ne sono ancora tanti? Dove e come è possibile trovarli? Come farli diventare clienti? Queste le domande che ogni consulente finanziario dovrebbe porsi ogni giorno.

Per quanto attiene alla prima, la risposta è sì: nonostante la forte crescita delle masse gestite dalle reti le potenzialità rimangono elevate. Un mare magnum si potrebbe dire. Basti pensare alla quantità di denaro ancora ferma sui conti correnti e nei depositi bancari (1.765,4 miliardi secondo l’ABI Monthly Outlook di Luglio 2023) e al fatto che il numero stesso dei consulenti finanziari attivi, pur in crescita negli ultimi tempi, rimane limitato: il che significa, comunque, più clienti a disposizione per ognuno.

In merito al dove e come trovarli, e al come farli diventare clienti, mi limito a quanto segue, non essendo questa la sede per approfondire.

I nuovi clienti o li cerchi tu, o devono essere loro a cercarti.

Nel primo caso rientrano tutte quelle iniziative/strategie in grado di mettere il consulente finanziario in contatto diretto con potenziali clienti (i cosiddetti prospect). Il che significa, innanzitutto e senza vergogna, chiedere: ai già clienti, ad amici, a conoscenti. E se proprio ci si sente a disagio a chiedere referrals in maniera diretta, cercare di ottenerli in maniera indiretta: serate clienti allargate ad amici e parenti dei già clienti, partecipazione ad eventi, call center o società specializzate che lo fanno per me. La vecchia rubrica del telefono per fare chiamate a freddo non esiste più, ma un messaggio non troppo invasivo sui social lo si può tentare.

La seconda ipotesi è quella che ovviamente affascina e appaga di più: “Non li devo neanche cercare i nuovi clienti, vengono loro da me!”. Bello, ma non facile da realizzare.

Sì certo, un po’ di passaparola ha sempre aiutato: un cliente mi manda il parente o l’amico direttamente in ufficio. Li chiamo referral fisiologici: un paio di volte all’anno capita, ma non è certo sufficiente per crescere in maniera organica.

Occorre invece che il fenomeno diventi ricorrente. E perché ciò avvenga non esiste una formula magica, ma sicuramente il consulente finanziario deve essere credibile, curare la propria immagine, essere visibile in maniera corretta (sul territorio, sul web, sui social), divenire un centro di riferimento anche al di fuori dell’ambito strettamente finanziario.