L’analisi è stata presentata settimana scorsa nel webinar dedicato allo status quo dei fondi sostenibili (ora disponibile on demand sul nostro sito). Come stanno andando i fondi ex art.8 e ex art. 9 a più di due anni di distanza dall’introduzione della SFDR?
Facciamo una breve cronistoria.
Aspetti normativi
L’entrata in vigore della nuova classificazione imposta dalla SFDR risale a marzo 2021: come noto agli operatori del settore, le case di investimento (SGR) sono state chiamate a riclassificare l’intera gamma di offerta in tre categorie, ridenominate in base a tre articoli della nuova regolamentazione.
Ma di cosa si tratta esattamente?
Per comprendere bene la distinzione ricordiamo che la SFDR è una normativa relativa alla disclosure (l’acronimo sta infatti per Sustainable Finance Disclosure Regulation), cioè alle informazioni che devono essere fornite da un’ampia gamma di soggetti agli investitori finali, in particolare nella documentazione precontrattuale.
L’articolo 6 della SFDR, dedicato alla trasparenza dell’integrazione dei rischi di sostenibilità, indica quanto segue: i partecipanti ai mercati finanziari (essenzialmente tutti i soggetti che gestiscono denaro quali SGR, banche e Sim che offrono la gestione individuale di portafoglio, compagnie di assicurazione ecc..) includono la descrizione di quanto segue nell’informativa precontrattuale:
- in che modo i rischi di sostenibilità sono integrati nelle loro decisioni di investimento; e
- i risultati della valutazione dei probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento dei prodotti finanziari che rendono disponibili.
Se i partecipanti ai mercati finanziari non ritengono rilevanti i rischi di sostenibilità, la descrizione di cui sopra include una spiegazione chiara e concisa al riguardo.
Simile previsione viene fatta anche per i consulenti finanziari, ossia tutti coloro che forniscono consulenza finanziaria e assicurativa (NB: non i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, ma gli intermediari, quali banche e Sim, che offrono il servizio di consulenza agli investimenti).
Ora, l’articolo 6 si applica come base a tutti i fondi. Ciò significa che se un fondo non ha altre caratteristiche specifiche in tema di sostenibilità, ricade comunque nelle previsioni dell’articolo 6.
L’articolo 8 specifica invece che se un prodotto finanziario promuove, tra le altre caratteristiche, caratteristiche ambientali o sociali, o una combinazione di tali caratteristiche, a condizione che le imprese in cui gli investimenti sono effettuati rispettino prassi di buona governance, le informazioni da comunicare a norma dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, includono quanto segue:
- informazioni su come tali caratteristiche sono rispettate;
- qualora sia stato designato un indice come indice di riferimento, informazioni che indichino se e in che modo tale indice è coerente con tali caratteristiche.
Quindi, se un fondo è classificato ex articolo 8 (cosiddetti fondi light green) significa che: a) promuove caratteristiche ambientali e sociali; b) deve dare maggiori informazioni rispetto a quanto previsto all’articolo 6 (cioè maggior disclosure).
Infine, l’articolo 9 indica che se un prodotto finanziario ha come obiettivo investimenti sostenibili ed è stato designato un indice come indice di riferimento, le informazioni da comunicare a norma dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, sono accompagnate:
- da informazioni che indicano in che modo l’indice designato è in linea con detto obiettivo;
- da una spiegazione che indica perché e in che modo l’indice designato in linea con detto obiettivo differisce da un indice generale di mercato.
Se un prodotto finanziario ha come obiettivo investimenti sostenibili e non è stato designato alcun indice come indice di riferimento, le informazioni da comunicare a norma dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, includono la spiegazione del modo in cui è raggiunto tale obiettivo.
Anche qui, quindi, un fondo ex art. 9 (cosiddetti fondi dark green) dovrà: a) avere come obiettivo investimenti sostenibili e b) produrre maggiore disclosure.
Le definizioni sopra riportate, sono poi state specificate meglio da un documento congiunto delle ESA (le tre autorità regolamentari europee, Esma, Eba e Eiopia) datato luglio 2021. Si tratta di un documento di Q&A in cui le autorità, rispondendo a richieste di chiarimento da parte degli operatori del settore, specificano più dettagliatamente alcuni termini della regolamentazione: ad esempio cosa significa promuovere caratteristiche ambientali e sociali, se vi debbano essere delle soglie minime di investimento per classificare un prodotto ex art. 9 ecc..
Successivamente, nell’aprile del 2022, sono stati emanati i cosiddetti technical standards (Regolamento UE 2022/1288), in cui sono stati identificati 14 PAI (Principle Adverse Impact Indicators) che le case di investimento devono misurare e rendere pubblici, e in cui sono stati introdotti specifici template per meglio strutturare le informazioni precontrattuali da fornire ai clienti.
I numeri
Lasciamo ora da parte gli aspetti normativi. Cosa è successo in termini di numeri? Quanto sono cresciuti i fondi ex art.8 e art. 9 rispetto ai tradizionali fondi rimasti nell’art. 6?
Usiamo i report di Morningstar per farci un’idea.
A settembre del 2021, Morningstar si rende conto che, a sei mesi dall’introduzione della SFDR, il numero di fondi che si dichiarano sostenibili in Europa è cresciuto da 3.444 a 6.147: chiaramente uno sproposito (al riguardo si veda articolo). Tant’è che Morningstar decide di togliere l’etichetta di fondo sostenibile (data secondo le metriche interne della stessa Morningstar) a 1.200 fondi. Come cita lo stesso provider di informazione: “Many funds that place themselves into Article 8, for example, are not funds we would independently classify as sustainable funds” (Molti fondi che si collocano nell’articolo 8, ad esempio, non sono fondi che noi, in modo indipendente, classificheremmo come fondi sostenibili).
Per Moningstar si apre quindi una interessante discrepanza tra fondi definiti da lei sostenibili, e i fondi ex art. 8 e 9 della SFDR. Tant’è che Morningstar inizia ad affiancare al report trimestrale sui fondi sostenibili (a livello globale), uno specifico report sui fondi ex art 8 e 9.
Giusto per darvi un’idea: a giugno 2023, il report sui fondi sostenibili indica che le masse gestiti da questi fondi a livello globale ammontano a 2.834 billion di dollari (cioè 2,8 trillion). Il report dedicato ai fondi ex art. 8 e 9 riporta invece che per la prima volta le attività dei fondi di cui agli articoli 8 e 9 hanno superato il traguardo dei 5 trilioni di euro.
Ma andiamo con ordine. Partiamo dai flussi di raccolta netta. Il grafico sottostante riporta i dati trimestrali proprio dal secondo trimestre del 2021, sia in termini di volumi, sia in termini percentuali di crescita organica, ossia di crescita rispetto al totale delle masse di inizio periodo.
Dopo un anno di forte crescita, il 2022 ha colpito pesantemente anche i fondi sostenibili che, tuttavia, se la sono cavata meglio dei fondi ex art. 6. In particolare, i fondi art. 9 hanno continuato a raccogliere meglio a livello organico.
Nel 2023, dopo un primo trimestre in ripresa, vi è stata una debacle per i fondi art. 8 nel secondo trimestre. Questi fondi hanno subito rimborsi netti per 14,6 miliardi di euro. Gli investitori hanno continuato invece a versare nuovi capitali netti nei fondi dell’articolo 9, ma i 3,6 miliardi di euro che hanno attirato negli ultimi tre mesi rappresentano gli afflussi più bassi mai registrati per tali prodotti.
Altro aspetto interessante riguarda le riclassificazioni, che hanno subito un rallentamento. Circa 180 fondi sono stati trasferiti all’articolo 8 dall’articolo 6, mentre solo sei sono stati declassati all’articolo 8 dall’articolo 9.
Apriamo una parentesi sulle riclassificazioni. Nel 2021, molte case di investimento avevano un po’ “esagerato” a riclassificare i loro fondi come ex art. 8 e 9. Con l’evolversi della normativa, e con richieste più stringenti per i fondi art. 9 in merito a quanti investimenti sostenibili devono avere in portafoglio (praticamente 100% meno la liquidità e le posizioni di copertura) si è assistito ad una decisa retromarcia. Nell’ultimo trimestre del 2022, in particolare, circa 420 prodotti hanno cambiato lo status SFDR, inclusi 307 che sono stati declassati all’articolo 8 da 9, e che rappresentano 175 miliardi di euro di attività, ovvero il 40% della categoria dell’articolo 9. Un vero e proprio repulisti dell’articolo 9 quindi.
Tornando ai numeri, il grafico sottostante riporta gli AUM dei fondi dei tre articoli della SFDR. Si nota che nonostante le difficoltà del 2022, e grazie al recupero del 2023, i fondi art. 8 e 9 superano oggi i fondi art. 6 in quanto a masse gestite. Tuttavia, questi ultimi non stanno completamente sparendo come si poteva ipotizzare al momento dell’introduzione della SFDR (anche io mi ero all’epoca posto non pochi dubbi sul fatto che questi fondi, diciamo tradizionali, continuassero a proliferare)
Ne è una riprova anche il dato sul numero di nuovi fondi che vengono immessi sul mercato trimestralmente (vedi grafico sottostante). Mentre per i fondi ex art. 8 e 9 si registra un forte rallentamento nei primi due semestri del 2023, rispetto ai due trimestri precedenti, i fondi art. 6 si mantengono su livelli più stabili.
Nel complesso la situazione è questa. A livello di asset under management, i fondi art. 8 e 9 cubano per il 56,4% (52,9% art. 8 e 3,5% art. 9) del totale dei fondi (per differenza i fondi art. 6 pesano il 43,6%). A livello numerico, invece, i fondi art. 6 rappresentano il 54,5% dell’universo indagato da Morningstar, mentre quelli 8 e 9 rispettivamente 41,7% e 3,7%.
Cosa scegliere allora?
Ogni investitore, ovviamente, ha le sue preferenze. Tuttavia, se si è fermamente convinti delle logiche sottostanti alla finanza sostenibile, allora vi è un altro interessante dato da considerare, ossia la percentuale minima di investimenti sostenibili presente nei fondi, o meglio che i fondi dichiarano di perseguire. Si tratta, in effetti, di una delle informazioni precontrattuali che sempre di più si dovrà tenere sott’occhio.
Ricordiamo però che i fondi art. 8 promuovono caratteristiche ambientali e sociali: essi possono avere al loro interno anche investimenti sostenibili così come definiti dalla stessa SFDR, oltre ad altri investimenti non espressamente definibili come sostenibili, ma non è loro specifico obiettivo rispettare una percentuale minima di legge.
I fondi art. 9 devono invece obbligatoriamente avere l’obiettivo di investire in maniera sostenibile.
I due grafici sottostanti mostrano la percentuale minima di investimenti sostenibili che i fondi art. 8 e art. 9 dichiarano di volere rispettare nella loro informativa.
Come si vede, per i fondi art. 8 vi è ancora una percentuale elevata di prodotti che, in effetti, dichiara impegni di investimento sostenibile molto bassi. Per i fondi articolo 9, invece, le percentuali superano nella maggior parte dei casi il 70%
Se proprio devo scegliere….