Cosa aspettarsi (realisticamente) per il 2019 e oltre

 

Almeno è finito (direbbe qualcuno)!

Il 2018 è stato per i mercati finanziari un anno veramente straordinario, in negativo, visto che la quasi totalità delle asset classes ha registrato performance ben sotto lo zero. Non sto qui nemmeno ad elencarvele … ci hanno già pensato egregiamente i social (in particolare Linkedin), dove numerosi consulenti finanziari e addetti ai lavori hanno riportato negli ultimi giorni dell’anno grafici e tabelle più che esplicative.

Stranamente, invece, i mass media generalisti, più alle prese con l’evoluzione della manovra di bilancio, i bisticci politici, i cenoni di Natale e i botti di Capodanno, sembrano non essersi troppo accorti della situazione; di tradizionali riferimenti ai soldi bruciati in Borsa o ai risparmiatori truffati ne ho sentiti pochi.

Ma cosa attendersi per l’anno che verrà e oltre?

Non mi è mai piaciuto fare previsioni[1], né voglio farne ora. E’ però lecito proporre alcune considerazioni per meglio inquadrare il momento che stiamo vivendo. In particolare, è giusto sottolineare che quando si assiste a forti storni sui mercati azionari le reazioni sono generalmente di due tipi:

  • da un lato, vi è la tendenza a guardare indietro nel tempo per raffrontare il crollo del momento con quelli avvenuti nel passato. Tendenza lecita ma spesso fuorviante, perché le situazioni economico-finanziarie non sono le stesse[2]. Tuttavia, è indubbio che il mercato si è sempre ripreso, in tempi più o meno lunghi (affronteremo questa tematica in un prossimo articolo).
  • Dall’altro, vi è sempre qualcuno (i più pessimisti) che sottolinea come “This time is different[3]”, cioè questa volta è diverso …. e non ne usciremo più.

 

Come sempre la verità, o meglio la virtù, sta nel mezzo. E allora, nella maniera più realistica ed imparziale possibile, eccovi alcune mie opinabili considerazioni.

 

I rendimenti di base: ancora bassi e per molto tempo

Qui in effetti, rispetto al passato, la situazione è diversa.

Si è infatti sempre ritenuto (più o meno giustamente) che i mercati azionari e obbligazionari funzionassero un po’ come dei vasi comunicanti: se un anno i mercati azionari scendono, grazie al flight to quality aumenteranno le performance delle obbligazioni. Ma ciò era vero prima che i banchieri centrali decidessero (più o meno fortunatamente) a partire dal 2008-2009 di “cambiare lavoro”, e di introdurre manovre di politica straordinaria che, ormai, straordinarie probabilmente non lo sono più.

E proprio quest’ultimo è un punto chiave di notevole interesse; per quanto le banche centrali abbiano cercato (specie in America) di rinormalizzare la propria attività, in particolare portando a termine le operazioni di Quantitative Easing e cercando di stringere i cordoni della borsa, i tassi di interesse rimangono ancora bassi e, stante gli attuali livelli di inflazione, nonché le prospettive di rallentamento dell’economia, difficilmente potranno tornare a breve su valori interessanti.

Al riguardo, si vedano le figure n. 1 e n. 2 relative alla curva dei rendimenti americana e a quella europea nel corso del tempo: quella che si nota è una generale tendenza di abbassamento dei tassi di interesse (almeno nelle economie sviluppate) che viene dal passato e che ha raggiunto il suo culmine parossistico (i tassi negativi) negli ultimi anni.

Conseguenze: gli investitori che non amano o che non sono in grado di assumersi rischio devono purtroppo rassegnarsi ancora per lungo tempo a magri ritorni. Ciò comporta, soprattutto per i millennials, una maggior necessità di accumulo di risparmio se si vogliono raggiungere livelli elevati di patrimonio.

 

Figura n. 1. La curva dei rendimenti americani nel corso del tempo (diversi anni)

Fonte: https://www.gurufocus.com/yield_curve.php

 

Figura n. 2. La curva dei rendimenti in Europa nel corso del tempo (diversi anni)

Fonte: https://www.ecb.europa.eu/stats/financial_markets_and_interest_rates/euro_area_yield_curves/

 

Mercati azionari: ancora volatili per un po’ di tempo

Quale sarà il punto massimo di ribasso nessuno lo sa. E’ però facile prevedere che i mercati azionari rimarranno ancora volatili nel 2019. La figura n. 3, che illustra l’andamento dello SP500 e del VIX, ben evidenzia come in momenti di discesa dei mercati l’instabilità tenda a perdurare, sebbene con picchi e discese notevoli.

 

Figura n. 3. VIX e SP500

Fonte: Yahoo Finance

 

Lo stesso andamento del mercato evidenzia che anche in fasi ribassiste prolungate vi sono spesso momenti di forte rimbalzo. Sempre riferendoci allo SP500, e considerando il “tragico” periodo 1 ottobre 2007-31 marzo 2009 (prezzi di chiusura, dati settimanali) è possibile individuare diverse fasi di rialzo e di ribasso (vedi tabella sottostante), nonostante la performance dell’intero periodo sia drasticamente negativa (-46,06%).

 

Andamento dello SP500 nel periodo 1 ottobre 2007 – 31 marzo 2009. Diverse fasi

 

Conseguenze: in queste condizioni di mercato i gestori attivi e i prodotti absolute return dovrebbero finalmente dimostrare le proprie capacità di generare alpha. Che sia la volta buona?

 

L’economia mondiale: in crescita ma alla mercé della instabilità politica

Una considerazione positiva: il mondo non si ferma e l’economia mondiale tende comunque a crescere.

Come mostra la figura n. 4, a partire dagli anni ’60 e fino al 2017 il PIL mondiale ha registrato solo un anno (2009) di crescita negativa. Nel 2018 la crescita stimata è del 3,9% e per il 2019 del 3,5% (previsioni OCSE).

Si tratta di un aspetto di non poco conto; l’investitore italiano, infatti, è prevalentemente distorto nella sua visione delle cose dalla situazione economica domestica (tipico effetto Home Bias), non rendendosi conto del fatto che, nel mondo, vi sono zone economiche in forte crescita rispetto al nostro Paese.

 

Figura n. 4. Tassi di crescita PIL mondiale: periodo 1961-2017

Fonte: World Bank

 

E’ però corretto osservare che sull’evolversi dell’economia mondiale ristagnano alcuni nubi fosche, legate prevalentemente a fattori politici che svilupperanno i loro effetti nel 2019 e negli anni a venire.

Tra questi fattori alcuni sono già oggi noti: la guerra commerciale USA-CINA, la Brexit, le elezioni europee di Maggio, il cambio della guardia alla BCE. Altri, più sopiti, potrebbero risvegliarsi repentinamente: tensioni in medio-oriente (a neverending story), attacchi cibernetici, populismi in sud America.

Occorre quindi tenere conto di un possibile rallentamento, se non addirittura di una recessione in alcuni zone economiche (prevedibilmente dopo il 2019), che potrebbe giungere prima che le banche centrali, e specialmente quella europea, siano riuscite a normalizzare le loro politiche.

Da non dimenticare, infine, il cambiamento ambientale/climatico: nella ormai tradizionale guida pessimistica all’anno che verrà, gli esperti di Bloomberg citano in particolare Fire, Floods and Famine (fuoco, inondazioni e carestia) come potenziali elementi dirompenti per il 2019. (https://www.bloomberg.com/graphics/pessimists-guide-to-2019/)

Conseguenze: in queste condizioni di mercato i gestori attivi e i prodotti absolute return dovrebbero finalmente dimostrare le proprie capacità di generare alpha. Che sia la volta buona? NB: non è un refuso, ma la stessa considerazione di cui sopra.

 

In conclusione….

Io, personalmente, sono positivo per natura. Non pretendo però che lo siano anche tutti gli altri.

Ritengo comunque che un sano realismo farebbe bene soprattutto a coloro che si occupano di aiutare i risparmiatori a prendere scelte di investimento adeguate.

E allora: dopo l’Annus Horribilis non possiamo pretendere che tutto torni immediatamente sereno. Alcune condizioni economico-finanziarie di fondo non positive continueranno a permanere. Ma non mancheranno di certo le opportunità; la stessa volatilità dei mercati è in sé una opportunità! Anzi, a ben vedere, l’enorme quantità di liquidità accumulata dagli italiani nel corso degli ultimi anni potrebbe ora tornar buona.

I consigli da dare sono sempre gli stessi: diversificare, investire pian piano (i cari e vecchi PAC), cercare investimenti decorrelati, anche al di fuori dei mercati finanziari (investimenti fisici).

Ma soprattutto, come ho già indicato in un recente video (https://www.contemplata.it/2018/12/a-cosa-ti-servono-i-soldi/), porre la pianificazione e l’analisi delle esigenze del cliente al centro della relazione.

 

[1] In realtà ne faccio una da tre anni, ironica ma sempre azzeccata, sul tasso di cambio euro/dollaro: l’anno scorso lo davo per il 2018 in un range compreso tra 1-1,40; ribadisco la previsione anche per il 2019.

[2] Ad esempio: nel 2000 si ebbe lo sboom della bolla della New Economy, provocata dall’euforia irrazionale (così venne definita) degli anni precedenti in merito alle aziende tecnologiche. Nel 2018, lo storno ha interessato pesantemente le società tecnologiche più conosciute, tra cui le ben note FANG; ma tali società sono oggi dei colossi mondiali, poco paragonabili a quelle aziende quotate a fine anni novanta che, spesso, avevano in attivo solo dei bei progetti e niente più (vi ricordate le azioni della Gandalf? https://it.wikipedia.org/wiki/Gandalf_Airlines)

[3] Al riguardo si veda Reinhart e Rogoff, This time is different: eight centuries of financial folly, Princeton University Press, 2009