Lorenzo Dotta Alessandro M. Pitetto

 

Soluzioni possibile per escludere un successibile dalla propria successione

Capita spesso che in una famiglia vi sia almeno un soggetto che, per motivi oggettivi o convincimenti personali, si vorrebbe escludere dalla propria successione: la pecora nera a cui ci si riferisce dicendo “a quello non lascio nulla!”, giusto per usare una terminologia non propriamente tecnica ma che ben rende l’idea.

Ma come fare, visto che il nostro sistema giuridico è essenzialmente imperniato sulla successione legittima e sulla tutela dei legittimari?

Proviamo allora ad affrontare, seppur senza pretesa di esaustività, la questione da un punto di vista giuridico; e al fine di agevolare la comprensione dell’argomento proponiamo due esempi, seguiti da soluzioni pratiche, per comprendere come e quando sia possibile estromettere un familiare dalla propria successione.

Preliminarmente è necessario chiarire la distinzione tra soggetti legittimari, a favore dei quali la legge inderogabilmente riserva una quota di eredità o altri diritti, e non legittimari. I legittimari sono il coniuge – cui è ora equiparato l’unito civilmente -, i figli e gli ascendenti[i]; i soggetti non legittimari sono, in via residuale, tutti gli altri successibili.[ii]

L’esclusione dalla successione di un legittimario è una questione spinosa che si affronterà oltre; quanto all’esclusione di un non legittimario, può essere utile procedere partendo da un esempio concreto.

Luca, celibe, senza figli né genitori in vita, ha tre nipoti ex frate (cioè da un fratello, in questo caso non più in vita), Giulia, Elena e Fabrizio, padre di Simone. Qualora Luca muoia, la sua successione si aprirebbe, ex lege, nei confronti dei nipoti Giulia, Elena e Fabrizio in parti uguali. In che modo lo zio Luca potrebbe far sì che uno dei tre, ad esempio Fabrizio, non sia chiamato alla propria successione?

Le possibili soluzioni, ferma la necessità di redigere un testamento[iii], sono la diseredazione, la pretermissione e la sostituzione.

Con il termine diseredazione si fa riferimento alla clausola negativa per mezzo della quale il de cuius, ossia Luca, manifesta la volontà di escludere dalla propria successione determinati suoi discendenti legittimi (e non legittimari).[iv]

Riprendendo l’esempio, si avrà diseredazione qualora Luca, nel proprio testamento, espressamente preveda la volontà negativa di escludere Fabrizio dalla successione.

Storicamente[v] l’istituto in esame non era pacificamente ammesso né in dottrina[vi] né in giurisprudenza[vii], salvo una netta inversione di tendenza a seguito di una nota sentenza della Suprema Corte del 2012[viii], che ha trovato riconoscimento anche in autorevole dottrina[ix].

Attualmente può pertanto considerarsi pacifica la diseredazione, limitatamente però ai soli soggetti non legittimari, giungendosi all’ammissibilità di un testamento contenente la sola clausola negativa di diseredazione, a condizione che non vi sia incertezza sui chiamati a succedere ex lege.

Qualora sia intenzione di Luca diseredare anche i figli di Fabrizio (Simone, nell’esempio citato), nel caso questi premuoia al testatore, sarà necessario prevedere un’espressa clausola in tal senso.[x]

 

Nel caso di specie, se Luca intende diseredare il nipote Fabrizio e suo figlio, potrà redigere di proprio pugno un testamento del seguente tenore letterale:

 

data…(giorno/mese/anno)

“Io sottoscritto Luca….(cognome nome data e luogo di nascita)

escludo dalla mia successione mio nipote Fabrizio e tutti i suoi discendenti”.

Sottoscrizione.

 

La pretermissione, o preterizione, si concretizza laddove il testatore non preveda quale erede, nel proprio testamento, un successibile legittimo[xi]. Facendosi riferimento all’esempio, si avrà pretermissione qualora Luca istituisca eredi Giulia ed Elena nulla dicendo riguardo a Fabrizio, mentre in caso di sostituzione, Luca istituirà eredi Giulia ed Elena, prevedendo che, in caso esse non possano o non vogliano accettare l’eredità, alle stesse “subentrino” altri soggetti, come un’altra persona fisica od un ente benefico.

Bisogna sottolineare che, nel caso in esame, se il testatore decide di pretermettere senza prevedere una sostituzione, v’è la possibilità che, non operando l’istituto della rappresentazione o quello dell’accrescimento, il soggetto che si vuole escludere dalla successione (Fabrizio) sia chiamato a succedere ex lege, qualora Giulia e Elena non possano o vogliano accettare l’eredità.

La sostituzione (ordinaria) è un istituto in forza del quale il testatore può sostituire all’erede istituito uno o più soggetti, nel caso tale erede non voglia o non possa accettare l’eredità.[xii]Pertanto sarà opportuno adottare una clausola che, in caso di impossibilità o mancata volontà di accettare, preveda espressamente l’istituto della sostituzione.[xiii]

 

Nel caso di specie il testamento potrebbe essere il seguente:

 

data…(giorno/mese/anno)

“Io sottoscritto Luca….(cognome nome data e luogo di nascita)

istituisco eredi le mie nipoti Giulia e Elena. Qualora Giulia non possa o non voglia accettare, le sostituisco …; qualora Elena non possa o non voglia accettare, le sostituisco … .”

Sottoscrizione.

 

Occorre ora affrontare la questione dell’esclusione dalla successione di un legittimario.

Proponendo un nuovo esempio, il testatore Alberto è sposato con Alessandra ed ha due figli, Lorenzo e Lucia; questi non vuole ricomprendere nella sua successione la figlia Lucia. Come può Alberto escludere la figlia, legittimaria (cui la legge riserva una quota di eredità o altri diritti)?[xiv]

Quanto alla diseredazione, sia in dottrina, sia in giurisprudenza si ravvisa un orientamento costante: la diseredazione non può avere ad oggetto un legittimario.[xv]

Quanto invece alla pretermissione, essa può riguardare un legittimario, ma è potenzialmente inefficace. Un legittimario preterito, infatti, può agire in riduzione per far valere il suo status e, esperita vittoriosamente tale azione, essere riconosciuto erede ed ottenere la sua quota di eredità;[xvi] qualora però non agisca e “non impugni il testamento”, la pretermissione raggiungerà gli effetti voluti dal testatore.

Un’altra opzione che il testatore può adottare è il legato in sostituzione di legittima.[xvii] In questo caso Alberto nomina eredi la moglie Alessandra ed il figlio Lorenzo, mentre a favore di Lucia dispone un legato in sostituzione di legittima. Tale legato, qualora Lucia non lo rifiuti, fa sì che la stessa non possa più agire in riduzione e perda pertanto ogni pretesa relativa alla sua quota di legittima ed alla istituzione di erede; in caso contrario, non accettando il legato, Lucia potrà agire in riduzione e far valere le sue ragioni di legittimaria. L’azione di riduzione tuttavia è subordinata al rifiuto del legato: pertanto o non si rinuncia al legato perdendosi il diritto ad agire per la quota prevista per legge, oppure si rinuncia al legato e si agisce per chiedere la legittima.

 

Il testamento de quo potrebbe essere del seguente tenore letterale:

 

(data) data…(giorno/mese/anno)

“Io sottoscritto Alberto….(cognome nome data e luogo di nascita)

Istituisco eredi mia moglie Alessandra e mio figlio Lorenzo; qualora Alessandra non possa o non voglia accettare, le sostituisco …; qualora Lorenzo non possa o non voglia accettare, gli sostituisco … . Lego in sostituzione di legittima a mia figlia Lucia il seguente bene: … .”

Sottoscrizione

 

Concludendo, l’aspetto problematico della questione resta circoscritto all’esclusione di un legittimario.

Ferma la difficile percorribilità della diseredazione di un legittimario, restano aperte le due ulteriori possibilità.  Dal punto di vista pratico sembra preferibile il ricorso ad un legato in sostituzione di legittima, avente ad oggetto un bene “appetibile” e di valore prossimo alla quota di legittima: così facendo si invoglierebbe Lucia ad accettare la volontà del de cuius, non rinunciando al legato, anziché ad impugnare il testamento, non ottenendo il bene oggetto del legato, e ricorrere al giudice per dirimere la questione, con tempi ed esito incerti.

Altra questione interessate è quella riguardante l’utilizzo di strutture societarie titolari di beni immobili e la loro trasmissione mortis causa. Ma di questo si parlerà in ulteriore articolo .

 

 

 

[i] Il codice civile all’articolo 536 detta la disciplina sui legittimari disponendo che “le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti. Ai figli sono equiparati gli adottivi. A favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli”.

Si precisa che agli ascendenti è riservato un terzo del patrimonio solo qualora il de cuius non abbia figli, ovvero un quarto del patrimonio se concorrano alla successione con il coniuge del defunto, così come disposto dal combinato disposto degli articoli 538 e 544 del codice civile.

La regolamentazione delle unioni civili, tra persone dello stesso sesso, e delle convivenze, introdotta con la Legge numero 76 del 20 maggio 2016, prevede l’applicazione delle disposizioni previste a tutela dei legittimari in capo alle parti dell’unione civile; l’articolo 1, comma 20 dispone che: “al solo fine di  assicurare  l’effettività  della  tutela  dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi  derivanti  dall’unione tra  persone  dello  stesso  sesso,  le  disposizioni  che  si riferiscono al matrimonio e  le  disposizioni  contenenti  le  parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque  ricorrono  nelle leggi, negli atti aventi forza  di  legge,  nei  regolamenti  nonché negli atti amministrativi e nei contratti  collettivi,  si  applicano anche ad ognuna delle parti  dell’unione  civile  tra  persone  dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice  civile  non  richiamate  espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla  legge  4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito  in materia di adozione dalle norme vigenti.”

 

[ii] I “non legittimari” sono quei soggetti che la legge individua come “potenzialmente” chiamati all’eredità; la successione ha luogo nei loro confronti solamente “quando manca in tutto o in parte quella testamentaria” così come disposto dall’articolo 457 del codice civile. Detti soggetti sono indicati dall’articolo 565 codice civile e sono il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali e gli altri parenti fino allo Stato nell’ordine e nelle regole stabilite dagli articolo 566 e seguenti del codice civile.

[iii] Si ricorda che il testamento scritto di proprio pugno, il c.d. “testamento olografo”, ha la stessa valenza del testamento ricevuto dal notaio, il c.d. “testamento pubblico”, così come prescritto dall’articolo 601 del codice civile, e che il testamento olografo per essere valido – articolo 602 codice civile – deve essere datato, scritto per intero e sottoscritto dal testatore. La norma precisa che la data deve essere comprensiva del giorno, del mese e dell’anno (oppure, dandone la certezza, del giorno in cui è stato scritto: per esempio, il giorno di Natale del 1978) e che la sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni, indicando il nome ed il cognome del testatore (ovvero il soprannome, purché ne designi con certezza la persona). Una volta redatto il testamento conforme alla legge, si consiglia di consegnarlo in deposito ad un notaio e di comunicarne il nome al designato erede, ovvero di consegnare lo scritto direttamente allo stesso.

Si rammenti ancora che il testatore può revocare o modificare le proprie volontà redigendo un nuovo testamento secondo i dettami normativi, e che in capo allo stesso deve sussistere la capacità di agire al momento della redazione del testamento.

[iv] La clausola di diseredazione può essere definita come una sanzione civile di fonte privata fondata sulla volontà del testatore e finalizzata ad impedire, con l’apertura della successione, la chiamata ereditaria di un determinato soggetto. Si veda, al riguardo, L. FERRI, Se debba riconoscersi efficacia a una volontà testamentaria di diseredazione.” in Foro Pad., 55 I c. 48, per il quale «diseredare significa dichiarare espressamente che alcuno, che potrebbe essere chiamato dalla legge, non debba essere erede»; nonché M. MORETTI, “Le disposizioni testamentarie. La diseredazione”, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, diretto da Giovanni Bonilini – II: La successione testamentaria, Milano, 2009, 264, il quale definisce la diseredazione come la clausola con la quale “il testatore, in modo espresso, privi uno, o alcuni, dei propri successibili legittimi della possibilità di succedergli”; L. DE STEFANOI nuovi profili della clausola di diseredazione 15 maggio 2015” in “ilcaso.it” – pag.9; D. RUSSO, “La diseredazione”, Torino 1998 Giappichelli pag 14; M. SCALISIClausola di diseredazione e profili di modernità” in studio CNN n. 339/2012/C, approvato il 20 settembre 2012, ed ovviamente L. MENGONI, “Successioni per Causa di Morte Successione legittima” in Trattato di diritto Civile e Commerciale, Cicu Messineo 1990 pag. 22.

 

[v] La diseredazione –exeredatio- era già conosciuta ai tempi dei romani nell’antico ius civile, successivamente modificata e limitata nel tempo, soprattutto con la Novella 115 del 542 proclamata da Giustiniano, abolita dal Code Napoléon per poi riapparire nel Codice Albertino e trovare la sua definitiva fine con il Codice del 1985.

Per approfondimenti sull’argomento si veda A. BURDESE, in Grosso –  Burdese, “Le successioni. Parte generale”, in Tratt. dir. civ. it., dir. da F. Vassalli, Torino, s. d., ma 1977 p. 77ss;  M. MARRONE,Istituzioni di diritto Romano”,  Giappichelli Torino; A. BURDESE in Noviss. Dig.it. vol V Torino 1960 1113; D. RUSSO, “La diseredazione” in Ars notaria Collana di diritto e pratiche notarili – coordinata da Maria Claudia Andreini p. 4; V. ARANGIO RUIZ, “Istituzioni di diritto romano”, Napoli, 1966; D. PASTORE, “Riflessioni sulla diseredazione”, in Vita not., 2011; UNGARITRASATTI, “Rassegna di dottrina e giurisprudenza in tema di diseredazione”, in Riv. not., 2003.

[vi] Per quanto concerne le diverse correnti dottrinali, le due principali tesi si basano sull’interpretazione attribuita all’articolo 457 ed all’articolo 588 codice civile.

L’articolo 457 codice civile dispone che “non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca in tutto o in parte quella testamentaria”. La dottrina si è interrogata circa il rapporto di predominanza tra la successione legittima e quella testamentaria. Secondo parte della stessa (BIN, “La diseredazione”, Torino 1966, 109; A. BURDESE, op. cit. p. 79), le norme sulla successione legittima hanno natura meramente dispositiva e pertanto possono essere derogate dalla volontà testamentaria, mentre altra parte della dottrina (CARIOTA-FERRARA, “Le successioni per causa di morte parte Generale”, Napoli 1956 p. 166) sostiene la natura suppletiva delle norme sulla successione legittima rispetto a quella testamentaria, e pertanto la preminenza delle prime sulle seconde. M. MORETTI, (op. cit. p. 264), sottolinea che “controverso è, infatti, se l’autonomia testamentaria possa riconoscersi a tal punto da consentire al testatore di compiere un atto diretto al solo fine di privare qualcuno della successione, ossia di dichiarare che non può essere suo erede”.

L’articolo 588 codice civile sancisce che: “Le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario. L’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”. Secondo alcuni illustri Autori la diseredazione non è possibile in quanto il testatore può solamente porre in essere delle disposizioni testamentarie con le quali attribuisce a taluni soggetti la qualità di eredi o di legatari, o comunque dispone dei propri beni per quando non sarà più in vita. Pertanto secondo la suddetta interpretazione della norma non sarebbe ammissibile la diseredazione. Per maggiori approfondimenti sulla legittimità della disposizione di diseredazione si vedano L. MENGONI, op cit. p. 21ss; F. GAZZONI ”E’ forse ammessa la diseredazione occulta dei legittimari?” in Giust. Civ. I 1993 p. 2522; A. TRABUCCHI, in Giust. Civ 1955 I 2c p. 749; M. SCALISI op. cit. p. 4; L. DE STEFANO op. cit. p.2. La Suprema Corte con la Sentenza n. 8352 del 2012 ha posto fine alla suddetta interpretazione, si veda la nota 8.

[vii] Cass. Civ., sez. II, 1982 n. 6339, sostiene che “per l’art. 457 c.c., l’eredità si devolve per legge o per testamento: si che se vi è una manifestazione di volontà del testatore con contenuto positivo, di istituzione di erede, non si fa luogo alla successione legittima, perché l’esercizio del potere di designazione attribuito dalla legge esclude a priori la designazione legale del successibile. Quando, invece, difetti una positiva designazione di erede nel testamento, è la stessa legge che stabilisce il regime della successione”.

Cass. Civ., sez. II, 1994 n. 5895: “[…] che contraddittoriamente la Corte di merito ha dapprima affermato che la scheda in questione è atto di ultima volontà, in quanto esprimente implicito proposito di attribuire i beni del de cuius ai fratelli non diseredati, e poi che tale atto non dà luogo alla successione testamentaria, ma a quella legittima, risolvendosi in una fattispecie impeditiva della delazione legittima dei diseredati”. Non rinvenendo alcuna contraddizione in tale ragionamento, la Corte, implicitamente, dichiara quindi l’apertura della successione legittima in favore dei soggetti non diseredati”.

Cass. Civ., sez. II, 2012, n. 8352: “In sostanza, la clausola di diseredazione integra un atto dispositivo delle sostanze dl testatore, costituendo espressione di un regolamento di rapporti patrimoniali, che può includersi nel contenuto tipico del testamento; il testatore, sottraendo al quadro dei successibili ex lege il diseredato e restringendo la successione legittima ai non diseredati, indirizza la concreta destinazione post mortem del proprio patrimonio”.

Cass. Civ., sez. II, 1982 n. 6339, secondo la quale “la diseredazione ha effetti solo nei confronti del soggetto nei cui confronti è effettuata, e pertanto, non esclude che il discendente legittimo di chi sia stato diseredato dal testatore possa succedere a quest’ultimo per rappresentazione”.

Cass. civile, sez. II, 1996 n. 11195: “la diseredazione, al pari dell’indegnità a succedere, non esclude l’operatività della rappresentazione in favore dei discendenti del diseredato”.

Cass. Civ., sez. II, 12 febbraio 2000, n. 1573, in Giur. it., 2000, c. 1801, con nota di Elio Bergamo, il quale sottolinea che “il legatario che accetta il legato privativo accetta la volontà del de cuius e riconosce di non avere alcun altro diritto sulla successione aperta, testamentaria e/o legittima che sia. Il legato in sostituzione viene così a configurare una ipotesi anomala di diseredazione implicita; anomala perché si ha una vera e propria diseredazione solo nel caso in cui si escluda completamente una determinata persona dalla successione, implicita perché non enunciata expressis verbis, ma dedotta dalla presunta volontà del de cuius”.

[viii] Cass. Civ., sez. II, 25 maggio 2012, n. 8352,in cui si afferma il principio di diritto secondo cui: “è valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la propria volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei successibili”, in Giust. civ. 2012, I, p. 1164, con nota di L. Ciafardini, Cambio di rotta della Cassazione sulla clausola di diseredazione; anche in Fam. Pers. Succ., 2012, 11, p. 763 nota di V. Barba, La disposizione testamentaria di diseredazione; in Nuova giur. civ., 2012, I, p. 991 nota di R. Pacia, Principio di autonomia e validità del testamento contente solo una clausola di diseredazione; in Vita not., 2012, 2, p. 665 nota di D. Pastore, La Cassazione ammette la diseredazione; in Corriere Giur., 2013, 5, p. 614 nota di B. Caliendo. Infine M. SCALISI op. cit. p. 1, ove si desume che con la citata sentenza la Suprema Corte ha puntualizzato come il termine “disposizione” non debba essere identificato con il termine “attribuzione”. Invero, escludere un determinato soggetto dalla successione equivale a regolare i propri interessi mortis causa e pertanto deve essere annoverato negli atti dispositivi con cui si regola la propria successione.

[ix] Si veda A. TORRENTE,”Voce, Diseredazione, diritto vigente” in Enciclopedia del Diritto, Vol. XIII, Milano, 1964 p.102, nonché A. TRABUCCHI, op. cit. pp. 749 ss. .

[x] La diseredazione invero non inficia l’istituto della rappresentazione. Pertanto, qualora il soggetto diseredato abbia dei discendenti e muoia prima dell’apertura della successione del testatore, si applicherà l’articolo 467 codice civile, che dispone che la rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato. Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituto non possa o non voglia accettare la eredità o il  legato sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale”. Nel caso di specie il diseredato non può accettare l’eredità perché premorto e pertanto saranno chiamati i suoi ascendenti; sull’argomento si veda A. TRABUCCHI, op. cit. p. 760.

[xi] D. RUSSO, op. cit. p.14, il quale invita a non confondere l’istituto della diseredazione con la preterizione. Quest’ultima invero è una vera istituzione di erede la cui accettazione da parte del chiamato ha come conseguenza l’esclusione del preterito. Inoltre, come chiaramente spiegato da M. SCALISI (op. cit. 16), “la distinzione concettuale tra i due istituti è infatti molto chiara: mentre nella preterizione l’esclusione è solo indiretta e individuale, in quanto consegue all’attribuzione di tutti i beni dell’asse ereditario ad altri soggetti, nella diseredazione l’esclusione dalla successione discende direttamente dalla esplicita volontà del testatore”..

[xii] La sostituzione ordinaria è disciplinata espressamente dal codice civile all’articolo 688 codice civile il quale recita: “Il testatore può sostituire all’erede istituito altra persona per il caso che il primo non possa o non voglia accettare l’eredità. Se il testatore ha disposto per uno solo di questi casi, si presume che egli si sia voluto riferire anche a quello non espresso, salvo che consti una sua diversa volontà”. Si veda al riguardo G. CAPOZZI, “Successioni e donazioni”, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 1006 ss.

[xiii] L. GENGHINI, “Ammissibilità della mera diseredazione testamentaria”, in Riv. not., 2013, pp. 4 ss., secondo cui “la diseredazione, per definizione, elimina la designazione ex lege. La preterizione, ove il testatore abbia disposto di tutti i suoi beni, non ha la stessa efficacia giacche è sufficiente che uno dei designati non accetti l’eredità, che su quella quota (in mancanza di sostituzione, rappresentazione o accrescimento), si aprirà la successione legittima, alla quale avrà delazione ex legge anche il preterito. Non così per la diseredazione (se ritenuta valida): la quota non accettata o i beni sopravvenuti si accresceranno agli eredi designati, o chiamati ex lege, con esclusione del diseredato. Inoltre nella preterizione l’esclusione è solo indiretta, in quanto consegue all’attribuzione di tutti i beni dell’asse ereditario ad altri soggetti, nella diseredazione, invece, l’esclusione dalla successione discende direttamente dall’esplicita volontà del testatore. Infine, secondo una tesi la diseredazione ha carattere assoluto e vale anche per eventuali precedenti disposizioni testamentarie e per i legati: si esclude tutto, ogni possibilità derivante, vuoi dal titolo legale, vuoi da altro titolo testamentario e in quest’ultimo caso si cancella anche quanto fosse già stato previsto a titolo di legato”.

[xiv] Qualora il legittimario pretermesso o leso faccia acquiescenza alle disposizioni testamentarie, o non impugni il testamento nei termini previsti per legge, perderà il diritto di far riconoscere i suoi diritti di legittimario erede e pertanto gli effetti voluti dal testatore si concretizzeranno.

[xv] F.CORSINI , “Appunti sulla diseredazione”, in Riv. Not. 1996, p. 1120; A. MARINI, “Tradizione e modernità nel diritto successorio, dagli istituti classici al patto di famiglia”, a cura di Stefano delle Monache, Padova, 2007, 190L; M. MENGONI ,op. cit. p. 22; V. PORELLO  La clausola di diseredazione”, in Il diritto di famiglia e delle persone, 2008, 990; M. IEVA, “Manuale di tecnica testamentaria”, Padova, 1196; Cass. Civ., sez II, 12 febbraio 2000, n.1573 in Giur. It. 2000 c. 1801.

[xvi]  L’azione di riduzione è prescritta dagli articoli 553 e seguenti del codice civile. Sull’argomento si veda in generale G. CAPOZZI, op. cit., pp. 523 ss. Preme qui puntualizzare che il legittimario che ha esperito vittoriosamente l’azione di riduzione è considerato erede (Cass. n. 10775/1996; n. 5591/1981).

[xvii] L’art. 551 c.c. così dispone: “Se a un legittimario è lasciato un legato in sostituzione della legittima, egli può rinunziare al legato e chiedere la legittima.Se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di erede. Questa disposizione non si applica quando il testatore ha espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento. Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile. Se però il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario, per l’eccedenza il legato grava sulla disponibile”. Si veda al riguardo G. CAPOZZI, op. cit., pp. 486 ss.