L’anno appena trascorso è stato caratterizzato da un quadro internazionale di aumentata incertezza. Sul tavolo tensioni geopolitiche, guerre tariffarie e una marcata sensibilità mediatica al climate change. L’attenzione ora è sul 2020, in attesa di altri avvenimenti cruciali per la stabilità dell’economia globale e dell’eurozona

Il 2019 verrà ricordato come un anno turbolento per la geopolitica e l’economia internazionale. La guerra dei dazi sull’asse Cina – Stati Uniti, recentemente acquetatasi ma non risolta definitivamente; la crisi esistenziale dell’Unione Europea e la lenta progressione verso una non ancor compresa e delineata Brexit; la perenne instabilità politica italiana; le mai sopite e recentemente riaccesesi tensioni mediorientali. Sono solo alcuni degli eventi di maggior rilievo dell’anno appena trascorso, destinati a essere ancora protagonisti in questo 2020.

Negli USA il giorno di San Silvestro è iniziato con i migliori auspici; un tweet del Presidente Donald Trump preannunciava la «Fase Uno» di una strategia volta all’intesa commerciale tra le due potenze mondiali. Lunedì 15 gennaio è iniziata la tregua dei dazi tra Cina e Stati Uniti, primo appuntamento di un’agenda fitta di impegni alla Casa Bianca: quest’anno sono previste le elezioni presidenziali e il clima è tutt’altro che disteso.

Al di là degli sviluppi sull’impeachment, sarà ancora Trump a rappresentare i repubblicani forte dello slogan “Keep America Great”; ma non è ancora ben chiaro chi sarà il suo antagonista democratico e su quale terreno si giocherà la campagna elettorale. Ultima ma non meno importante, la tensione tra Usa e Iran dopo l’uccisione di Soleimani a Bagdad, foriera di conseguenze tutte da decifrare.

Non si può parlare di USA senza riferirsi alla Cina, sempre più alter ego della superpotenza economica e militare a stelle e strisce. Nonostante il 2019 sia stato l’anno del maiale, simbolo di prosperità secondo il calendario cinese, l’economia del celeste impero non è stata brillante, con un PIL in decelerazione zavorrato dalle tensioni commerciali e le proteste di Honk Kong da gestire.

Il 2020 è l’anno del topo, simbolo di nuovo inizio, ed è partito con la decisione della banca centrale cinese di implementare ulteriori misure a sostegno dell’economia, cosa ovviamente gradita alle borse asiatiche. Le stime OCSE vedono un PIL ancora in lieve calo dal 6,1% del 2019 al 5,7% nel 2020. Non è peraltro da dimenticare che nel 2020 la Cina, secondo le previsioni effettuate in passato del Partito Comunista, dovrebbe giungere a quello stadio economico denominato “moderatamente prospero sotto tutti gli aspetti” (al riguardo si veda Miles J., All things in moderation, Economist), tappa intermedia della cosiddetta “Maratona dei 100 anni”. Ma per farlo la crescita del 2020 dovrebbe tornare ben sopra il 6%, cosa difficilmente realizzabile secondo gli stessi esperti del governo cinese.

Il 2020 sarà l’ennesimo anno insidioso per la Gran Bretagna. La Brexit, iniziata a metà 2016 con il referendum e trascinatasi in un caos parlamentare fino alla vittoria di Boris Johnson alle urne lo scorso 12 dicembre, vedrà la sua definitiva attuazione politica entro il 31 gennaio prossimo. Se da un lato il parlamento sarà impegnato nel processo di uscita dall’Unione Europea, dovrà anche guardarsi dalle spinte separatiste insorte in Irlanda del Nord con i nazionalisti desiderosi di unificare le due Irlande, e in Scozia con gli indipendentisti impazienti di indire il referendum per l’addio a Londra.

La Brexit è un tema scottante anche per Ursula von der Leyen, ma non più dell’immigrazione e dell’impegno per il clima. L’Unione Europea vive una crisi esistenziale senza precedenti, avendo perso appeal tra i governi degli Stati membri. Le sfide che dovrà affrontare il presidente della Commissione UE non sono poche: oltre alla gestione della citata Brexit, dovrà trovare la quadra normativa per superare il regolamento di Dublino e rendere efficace il controllo delle frontiere. La creazione di un canale efficiente di immigrazione legale verso il vecchio continente sarà la prova del nove per diventare «un modello di come la migrazione possa essere gestita in modo sostenibile».

Non solo, tra i temi caldi vi è la lotta al cambiamento climatico, in agenda per il 2020. Entro marzo 2020 la Commissione UE presenterà una prima legge europea sul clima conforme alla strategia del «green deal». L’ambizioso progetto è di armonizzare le politiche di trasporti, energia e industria al fine di diventare il «primo continente a impatto climatico zero» entro il 2050.

Un’altra donna ha in mano le chiavi dell’eurozona: Christine Lagarde, succeduta a Mario Draghi lo scorso trimestre alla presidenza della BCE, ha sì ereditato un percorso di politica monetaria delineato ma ha espresso l’importanza di ridefinire le strategie di politica monetaria, nonché di occuparsi di altri temi connessi con l’economia, come tecnologia e diseguaglianza sociale. Il tutto avviene nel pieno della riforma dei tassi di riferimento del mercato finanziario europeo, con l’EONIA sostituito dal tasso €STR lo scorso ottobre e il nuovo Euribor ibrido in fase di sperimentazione.

Riflettori puntati anche sull’Italia, dove la temperatura media nel parlamento è superiore a quella europea dopo aver raggiunto il picco ad agosto in corrispondenza della caduta del governo gialloverde. L’attuale governo, il Conte bis, dovrà affrontare diverse problematiche Nel 2020, la variazione tendenziale dell’economia italiana è vista in lieve accelerazione dall’ISTAT (+0.6%), ma rimanendo pur sempre il fanalino di coda nella classifica OCSE (+0.4%, su base annua) tra i paesi con crescita positiva. Tra i temi in agenda vi sono la frenata dell’industria italiana, la lotta all’evasione e la gestione delle tensioni politiche.

Il 2019 è invece stato un anno da celebrare per i mercati azionari: record per il FTSE MIB con la performance migliore di sempre dal 1998; l’indice Msci World ha registrato +26% sfondando il tetto di 1800 punti per la prima volta. Stessa storia per gli indici S&P e Nasdaq, positivi di circa il +30%. A fronte di tali risultati vi è da chiedersi ovviamente se i mercati saranno capaci di ripetersi anche nel 2020, proseguendo per la loro strada nonostante le debolezze economiche ed i rischi geopolitici.

In definitiva, se l’incertezza assoluta è stata protagonista nel 2019, in conseguenza di una serie di eventi geopolitici ed economici via via sempre più complessi, il 2020 sembra rappresentare il bivio lungo la strada per la stabilità.  La sterzata fondamentale potrà essere data solo da una adeguata gestione di riforme, conflitti e transizioni ormai irreversibili.