Nella foto: Eddie Murphy e Dan Aykroyd nel film “Una poltrona per due”

 

Siamo partiti con il panico del coronavirus, anche se per il momento i mercati non sembrano esserne più di tanto influenzati.  Ma che anno sarà per le borse mondiali? Un altro periodo trionfale come il 2019, una caduta libera per tutti come il 2018, o qualcosa a metà strada?

In queste settimane varie case d’investimento stanno mettendo a disposizione di clienti e operatori la consueta view di mercato di inizio anno; il filo conduttore, ancor più rispetto agli anni passati, è l’attenzione data dai gestori alla diversificazione di portafoglio, ottenibile come noto tramite l’inserimento al suo interno di asset class decorrelate.

Viene spesso consigliato di dedicare parte del portafoglio all’investimento in obbligazioni governative (poco remunerative ma utili in caso di recessione), strategie hedge (fondi Global Macro, Event driven ecc.), fondi di Private Equity (occhio alla liquidità), metalli preziosi, yen, franchi svizzeri e, in alcuni casi, anche cripto currencies.

Prendendo spunto da questa sentita richiesta di diversificazione, approfondiamo in questo primo articolo le caratteristiche di una tipologia di asset considerato storicamente decorrelato rispetto agli altri attivi tradizionali, ovvero le commodities.

 

Ma cosa sono le commodities?

Già dal 1983, il cult movie di ogni Natale Una poltrona per due (titolo originale Trading Places) ci aveva insegnato che si può investire, o speculare, anche in succo di arancia, pancetta di maiale, grano ecc…

E non si trattava di una trovata cinematografica: alla Borsa di Chicago tali beni vengono difatti contrattati fin dal 1800. Da alcuni anni, grazie all’introduzione degli ETC (Exchange Traded Commodities), questo tipo di investimento è facilmente accessibile anche per gli investitori retail italiani. Ma cosa sono effettivamente le commodities?

Quando parliamo di commodities, ci riferiamo ad un universo in realtà molto ampio e variegato, costituito da segmenti con dinamiche di prezzo molto diverse fra loro. Volendo operare una suddivisione per classi è possibile distinguere:

  • materie prime energetiche (petrolio, gas naturale, propano…)
  • metalli preziosi: oro, argento, platino, palladio
  • materie prime agricole (mais, grano, soia…)
  • Soft commodities (zucchero, caffè cacao…)
  • metalli industriali (rame, zinco, nichel….)

 

In alcuni casi, come quello delle materie prime industriali, i prezzi risentono della fase del ciclo economico e tendono ad aumentare in periodi di intensa attività produttiva. In altri casi, quali ad esempio materie prime agricole e soft commodities, il prezzo è invece determinato essenzialmente dall’inelasticità dell’offerta rispetto alla domanda: un aumento della domanda di grano o di cacao non possono essere infatti immediatamente soddisfatte da un aumento della produzione, la quale comporta un certo periodo di tempo per adeguarsi.

Un discorso a parte merita l’oro, che funge essenzialmente da bene rifugio e riserva di valore, e trova un ambiente ideale in un contesto di tensione sui mercati e bassi tassi d’interesse reali, fattore quest’ultimo che diminuisce il costo opportunità relativo alla sua detenzione.

Le materie prime come difesa del portafoglio dall’inflazione

Le materie prime sono state storicamente caratterizzate da una correlazione positiva con l’inflazione, soprattutto con l’inflazione non attesa.

Possiamo quindi ragionevolmente pensare che, in fasi di rialzo dei prezzi, le commodities siano un buon diversificatore all’interno di un portafoglio costituito da asset class tradizionali quali azioni e, soprattutto, obbligazioni.

Le obbligazioni vengono solitamente sottoscritte dagli investitori per poter contare su un flusso regolare di interessi nel corso del tempo e sul rimborso del capitale una volta arrivate a scadenza; l’aumento dell’inflazione determina una diminuzione del valore reale di cedole e capitale e, di conseguenza, un ribasso delle quotazioni di questi strumenti.

Il comportamento delle azioni rispetto al manifestarsi di fenomeni inflattivi presenta invece maggiori problemi interpretativi. In situazioni di prezzi in aumento, le aziende possono infatti riversare sui prezzi praticati i maggiori costi sostenuti preservando così la propria redditività. Inoltre, alcuni asset aziendali come impianti, macchinari e fabbricati, in quanto attività reali, tenderanno a rivalutarsi, seguendo l’andamento generale dei prezzi. Tuttavia l’inflazione, soprattutto se elevata e non attesa, genera incertezza a livello macroeconomico, creando un ambiente poco favorevole per i titoli azionari. Di fatto, i dati empirici segnalano una correlazione negativa fra azioni e inflazione, sia nel breve termine sia prendendo in considerazione periodi di tempo più lunghi.

Il contesto attuale rende comunque difficile pensare a situazioni di elevata inflazione nel prossimo futuro: a dire il vero l’inflazione sembra infatti scomparsa dai radar. Anche l’economia USA, che già da qualche anno si trova in una situazione di piena occupazione delle risorse, sembra non dare segnali così evidenti di pressione al rialzo sui prezzi.

Molte sono le motivazioni con cui analisti e studiosi cercano di spiegare l’anomalo periodo di bassa inflazione: pensiamo per esempio al progresso tecnologico, che ha notevolmente abbassato i costi di produzione in molti settori; all’invecchiamento progressivo della popolazione nelle economie avanzate e alla globalizzazione, che pone lavoro e capitale di fronte alla concorrenza internazionale. Nell’ultimo decennio, addirittura, le Banche Centrali dei paesi sviluppati sono state impegnate a scongiurare il manifestarsi di una situazione opposta rispetto a quella caratterizzata da inflazione, ma altrettanto, se non più, temibile: la deflazione.

Dobbiamo allora considerare l’inflazione morta e sepolta, e quindi un rischio non più attuale per i nostri investimenti? E a questo punto ritenere poco utile diversificare in commodities con la finalità di proteggersi dall’inflazione?

Non è questa la sede per dare giudizi di questo tipo; tuttavia, al di là di considerazioni di carattere fondamentale, un giudizio troppo netto e frettoloso rischierebbe di essere viziato da un errore cognitivo di rappresentatività (passato rappresentativo del futuro).

Ci limitiamo in questa sede ad affermare che la costruzione di un portafoglio equilibrato e diversificato dovrebbe considerare molteplici fonti di rischio. Inoltre, a prescindere dal livello di partenza, non è da escludere che si possano verificare situazioni di inflazione inattesa. Come a dire: aspettative molto contenute in termini d’inflazione possono più probabilmente generare sorprese positive al riguardo[1].

 

Materie prime e ciclo economico

Collegato al concetto di inflazione vi è quello di ciclo economico. Il grafico seguente schematizza il comportamento di diversi settori nelle differenti fasi del ciclo economico.

Dal grafico si osserva come in fase di recessione la maggior parte dei settori performi in modo negativo, commodities comprese.  Arrivati al punto più basso della discesa e nella prima fase di recupero dell’attività economica, i settori più ciclici (industriali, consumi discrezionali, tecnologici) evidenziano performance positive, anticipando in questo modo l’evoluzione dell’economia reale. Nelle fasi di maturità del ciclo/inizio recessione le prospettive relative ai settori ciclici si fanno più incerte, mentre commodities e settori difensivi (Utilities, Healthcare e Consumer Staples) mostrano i risultati migliori.

Se quindi le attività finanziarie tendono ad anticipare gli sviluppi dell’economia reale, le commodities, in quanto attività reali, sembrano più influenzate dalla situazione corrente di domanda e offerta. Esse esprimono quindi performance positive in periodi di massimo dell’attività economica e performance negative nelle fasi recessive.

 

Come investire in commodities?

Date le considerazioni di cui sopra, andiamo ora ad analizzare gli strumenti/veicoli che possono essere utilizzati dall’investitore retail per accedere all’universo delle commodities, evidenziandone le diverse caratteristiche.

 

Acquisto della materia prima fisica

Eccezion fatta per oro e metalli preziosi, l’acquisto di materie prime fisiche risulta essere poco attuabile per l’investitore. I costi di stoccaggio e la deperibilità, nel caso di soft commodities, rendono infatti impraticabile l’approccio a tale modalità da una punto di vista finanziario.

D’altronde, non molte persone sono disponibili a vedersi depositare qualche tonnellata di grano o qualche centinaio di barili di petrolio nel giardino di casa (peraltro il petrolio allo stato grezzo è particolarmente tossico).

Se desideriamo allora avere un’esposizione al prezzo a pronti di singole commodities, senza la necessità di detenerle materialmente, ma con la garanzie date dal possesso fisico delle stesse, potremmo prendere in considerazione l’investimento in Physically Backed ETC. In questo caso le materie prime sono acquistate materialmente e depositate nel caveau di una banca depositaria a garanzia dell’investimento. Tuttavia, questa modalità si presta essenzialmente all’investimento in metalli preziosi, in quanto non deperibili e facilmente stoccabili secondo standard di good delivery[2].

Per materie prime non stoccabili, come meglio vedremo nella seconda parte di questo articolo, si dovrà per forza di cosa ricorre a strumenti finanziari derivati che replicano l’andamento del prezzo della commodity.

 

Investimento in titoli azionari di società operanti nel settore delle materie prime

Un’altra modalità di approccio alle materie prime consiste nell’acquistare titoli azionari di società operanti nel settore medesimo.

Questo approccio presenta tuttavia delle criticità in quanto la correlazione fra le variazioni di prezzo delle commodities e i rendimenti espressi dalle azioni di settore non è perfetta; anzi, la correlazione fra queste ultime ed il mercato azionario sembra essere più elevata.

Non è difficile immaginarne le motivazioni. Società operanti nel settore delle commodities potrebbero avere un business diversificato, che non ne espone la redditività al semplice andamento della materia prima di riferimento. Inoltre, l’andamento di un titolo azionario è normalmente influenzato anche da dinamiche interne all’azienda (governance, politiche gestionali, leverage). Questa metodologia di approccio sembra quindi poco efficiente se desideriamo un’esposizione efficiente al mondo delle commodities.

 

Esposizione a singole commodities o a indici di commodities tramite Etf ed Etc.

La maggior parte delle materie prime è quotata presso Il CME (Chicago Marcantile Exchange) o altre borse merci tramite contratti future che prevedono lotti di negoziazione molto elevati.

Per questo motivo sono nati gli Etf e gli Etc su materie prime, che consentono di replicare l’andamento di singole materie prime (ETC), o indici delle stesse (ETF), con soglie di ingresso molto basse e quindi accessibili anche agli investitori retail.

Come detto, l’esposizione alla materia prima sottostante avviene tramite lo strumento del future; ciò ha importanti implicazioni per gli strumenti replicanti quali Etc ed Etf e, quindi, anche per l’investitore finale.

L’esposizione non avrà ad oggetto il prezzo a pronti della materia prima bensì il suo prezzo a termine. Il future è infatti un contratto a termine standardizzato in virtù del quale due parti fissano oggi tutti gli elementi relativi ad una transazione (prezzo, quantità, sottostante da consegnare) che avverrà materialmente solo in corrispondenza di una determinata scadenza.

Nel caso delle commodities, per evitare le difficoltà connesse alla detenzione fisica del bene, qualche giorno prima della scadenza il contratto future viene venduto; contestualmente ne viene acquistato uno con scadenza più lontana.

Si effettua quello che viene tecnicamente definito “rolling” della posizione.  Questo tipo di meccanismo fa si che l’investimento in commodities presenti un profilo di rischio/ rendimento che non dipende solamente dal prezzo spot del sottostante; infatti, in fase di rolling, i prezzi di vendita e di acquisto dei due future solitamente differiscono, potendosi quindi generare un utile (e allora tutto fila liscio) o una perdita per l’investitore (e allora le cose si mettono male).  A qualcuno viene forse in mente qualche esperienza negativa con gli Etc sul Gas Naturale?

Questo aspetto, assieme all’analisi delle componenti di rendimento degli indici di commodities, sarà il tema della seconda parte di questo articolo.

 

Prime conclusioni

Abbiamo visto come le commodities abbiano costituito storicamente un buon di diversificatore di portafoglio nei confronti di rischi legati a contesti inflazionistici; questo in virtù della loro essenza di attività reali.

Va però evidenziata l’elevata volatilità dell’asset class in questione, che potrebbe disincentivare l’investitore con profilo di rischio più contenuto a prendere posizioni in commodities. Inoltre, l’assenza quasi cronica di inflazione, almeno nelle economie sviluppate, può far dubitare dell’opportunità di inserire questa classe di attivi, o altre attività a rendimento reale, all’interno del portafoglio.

Tuttavia, il rischio che si potrebbe correre escludendo a priori le commodities dall’asset allocation è quello di costruire portafogli troppo direzionali e quindi con marcate probabilità di drawdown qualora lo scenario non evolvesse secondo le nostre previsioni.

Diamo infine uno sguardo al futuro e poniamoci qualche interrogativo critico.

Quale effetto avrà la progressiva finanziarizzazione dell’economia, e quindi la presenza di un sempre maggior numero di strumenti finanziari con sottostanti di tutti i tipi (fra cui anche materie prime), sul potere decorrelante delle commodites? Queste ultime si comporteranno più come attività reali o attività finanziarie? Prevarrà la speculazione o le logiche dell’economia reale?

 

Reference Shelf

  • Manuale del Private Banker, Sesta edizione. 2013. A cura di Paola Musile Tanzi
  • Fact and Fantasies About Commodities Future. Gary Gorton e K. Geert Rouwenhorst. Working Paper 10595. June 2004
  • Conoscere il mondo degli investimenti. L’inflazione
  • Collateralized Commodity Futures. Methodology Overview. Research Affiliates

 

[1]The negative sensitivities of Stocks and Bonds to inflation stem mainly from sensitivities to unexpected inflation. The correlations with unexpected inflation exceed the raw inflation correlations…..commodities Futures are also more sensitive to unexpected inflation, but in the opposite direction” Gorton e Rouwenhorts June 2004.

[2] Nel senso che il metallo prezioso, specialmente se oro, è riconosciuto ufficialmente da enti certificatori ad hoc e diviene di conseguenza pagabile in moneta in qualsiasi parte del mondo.