Il fatto

Il forte e continuo rialzo del dollaro nei confronti delle altre valute ha riportato alle luci della ribalta i famosi accordi del Plaza Hotel del 1985, quando si decise di comune accordo di frenare la corsa del greenback rispetto, soprattutto, al marco tedesco e allo yen.

Commentatori, economisti e politici vorrebbero forse una riedizione di tali negoziati, visto lo sconquasso che l’andamento della valuta americana, insieme ad altri mille cause ovviamente, sta avendo sui mercati e indirettamente sulle nostre vite: le materie prime sono tutte quotate in dollari, non dimentichiamocelo.

John Authers, senior editor di Bloomberg, ci spiega però che le cose, rispetto ad allora, non sono proprio esattamente uguali. Una interessante osservazione riguarda la valutazione del dollaro rispetto alle monete dei paesi sviluppati e a quelle dei paesi emergenti (vedi grafico sottostante). Contrariamente a quanto ci si attenderebbe, il dollaro si è infatti rafforzato di più rispetto alle valute dei paesi sviluppati (G10), che non rispetto a quelle emergenti (ex Cina e Russia)

Ed inoltre, citando un’analisi del Fondo Monetario Internazionale, Authers ci informa del fatto che, in realtà, la sterlina e l’euro sarebbero ancora sopravvalutate rispetto al loro fair value. Come a dire: la corsa del dollaro non è ancora finita.

Né sembrerebbe che vi siano motivi validi perché finisca. Fattori di forza della valuta americana sono infatti ancora ben presenti: tra questi, soprattutto, una FED aggressiva e flussi verso safe assets denominati in dollari. E poi gli USA non appaiono al momento interessati a sedersi al tavolo, anche perché una svalutazione del dollaro andrebbe a contrastare la strenua lotta all’inflazione imposta dalla loro Banca Centrale.

Infine, un semplice problema di risorse. Quando furono presi gli accordi del Plaza il mercato Forex era molto meno ampio di adesso, e le riserve valutarie dei principali paesi, se usate in modo coordinato, potevano avere l’effetto desiderato. Oggi non è più così.

 

Il commento

La citazione è attribuita al segretario del Tesoro durante la presidenza Nixon, John Connally. “It is our currency and your problem” (è la nostra valuta e un vostro problema).

Ragionamento simile a quando si discute sugli investimenti in titoli di stato americani da parte della Cina: “oh Dio, cosa succederebbe se la Cina smettesse di comprarli?”. Nulla agli Stati Uniti, penso, che probabilmente congelerebbero quelli che la Cina già detiene nelle sue riserve (caso Russia docet).

Il detto, infatti, recita all’incirca quanto segue: se ho un debito nei tuoi confronti per 100 dollari è un mio problema; ma se ho un debito nei tuoi confronti per 1 milione di dollari è un tuo problema.

Il mondo rimane dollaro centrico. Gli USA, direbbe Dario Fabbri, rimangono l’unica potenza egemone, nonostante Putin e Xi Jinping. E sono in grado di scaricare sugli altri i problemi.

Per un deprezzamento del dollaro …. attendere prego.