Una rondine non fa primavera, lo sappiamo. Eppure, sono bastate un paio di sedute positive per ridare speranza agli affranti da questo annus horribilis. Abbiamo veramente raggiunto il fondo? Vedremo. Per il momento concentriamoci su alcuni specifici temi

 

Gli energetici

I titoli energetici sono ancora in fase di riscaldamento? Non molti ne parlano, ma personalmente non riesco ad escludere questa possibilità.

La performance parabolica dell’energia negli ultimi 2 anni sembra essere solo l’inizio di qualcosa di più grande, di più slanciato. Nonostante si sia registrato un +250% dai minimi di marzo 2020, il settore risulta ancora sostanzialmente “bloccato” al di sotto dei massimi di maggio 2008.

Ed inoltre la sua maggiore rappresentante Exxon Mobil (con un peso del 23.7%), rimane sugli stessi livelli “psicologi”, confermando in tal senso che le performance risultano essere solo una parte di ciò che potrebbero essere.

 

Settore energetico (linea rossa) – massimi e minimi del prezzo (linee bianche)

 

Il settore energetico è il posto migliore in cui chiunque avrebbe dovuto “fermarsi” dalla seconda metà del 2020 in poi per ottenere rendimenti positivi anche quest’anno, nonostante un recente ritracciamento.

La media mobile a 200 giorni è da sempre considerata un ottimo indicatore per delineare i cambiamenti di tendenza. Negli ultimi 20 anni la media ha “guidato” il prezzo dell’energia. Come si può notare dal grafico sottostante, ogni qualvolta il prezzo abbia incontrato la media ha ripiegato mentre le volte in cui la stessa media è stata rotta (nel 2003 – nel 2008 – nel 2010 – nel 2015 – nel 2018 e 2022) la tendenza è cambiata. Oggi il trend rialzista appare forte ed intatto.

 

Settore energetico (linea bianca) – media 200 periodi (linea azzurra)

 

Il mondo ESG

Chi invece ha creduto che la sostenibilità e tutto ciò che è legato al concetto di ESG fosse una buona idea dal punto di vista delle performance (e non solo, ovviamente, dell’impatto ambientale e sociale), soprattutto nel momento storico in cui ci troviamo (spinta verso la transizione ecologica), sarà rimasto un po’ deluso.

Dal suo massimo storico, registrato in pieno Covid, il rapporto tra aziende ESG ed energetici ha avuto una perdita del 65%, a discapito dei primi (la tendenza al ribasso evidenzia infatti la debolezza degli ESG). Rimane da chiedersi se il danno subito dai fondi e dagli investitori posizionati su questo settore sia solo il principio, o se i minimi storici si stiano avvicinando.

 

Rapporto di forza ESG vs Energetici (linea verde) – livelli da monitorare (linee bianche)

 

Con l’instabilità del mercato, con le proiezioni sempre più pessimistiche del Fondo Monetario Internazionale sull’economia globale, con i prezzi del petrolio che destano preoccupazioni, l’inflazione e l’inizio della stagione degli utili (e sullo sfondo una guerra ancora da decifrare), gli investitori dovrebbero tentare di “concentrarsi” di più sul prossimo futuro, dove qualche opportunità sembra intravedersi, e non sull’oggi

Ed è qui che rientrerebbe in gioco l’industria globale delle celle a combustibile (dispositivo elettrochimico che converte l’energia chimica in energia elettrica tramite un processo “a temperatura costante” in cui l’idrogeno è combinato con l’ossigeno), uno dei mercati che potrebbe avere una rapida crescita nei prossimi anni: si stimano infatti 40 miliardi di dollari di investimenti entro il 2030 e 80 miliardi entro il 2040 (al raggiungimento dei 500 GW). Queste tecnologie, infatti, consentono sia la de-carbonizzazione che la resilienza energetica, e sono considerate un’alternativa importante nei settori più difficili da rinnovare come i veicoli commerciali e della marina.

Attenzione però: in passato questo settore ha avuto anche delle false partenze. Tuttavia, visto l’impulso da parte delle politiche globali per ridurre le emissioni, e i diversi piani per l’idrogeno che si stanno sviluppando in diversi paesi (Inflation Reduction Act negli USA e il piano REPowerEU in Europa), le opportunità sembrano davvero interessanti

Tra le aziende con un’elevata esposizione a questo settore ci sono Toyota, Daimler, Volvo, Iveco e Hyundai, che in questa prima parte dell’anno hanno perso mediamente il 35%.

 

Toyota (linea rossa) – Daimler (linea arancione) – Volvo (linea azzurra) – Iveco (linea verde) – Hyundai (linea viola)

 

I semiconduttori

Analizzando le principali società che rientrano nel settore dei semiconduttori in base ai loro ricavi TTM (Trailing 12 months) nel secondo trimestre del 2022, Samsung ha mantenuto la sua leadership con una quota di mercato del 21%, seguita da Intel e Nvidia (leader di mercato di CPU e GPU),  ed infine ASML e QUALCOMM. Tutte hanno perso quota, con una variazione media negativa del prezzo delle azioni del 45%

 

Samsung (linea rossa) – Intel (linea arancione) – Nvidia (linea azzurra) – QUALCOMM (linea viola) – ASML (linea verde)

Nonostante ciò, le previsioni medie di crescita dei ricavi delle società di semiconduttori restano positive: sono attese in crescita al 13% (dati aziendali di Khaveen Investments) sebbene al ribasso rispetto agli anni precedenti. Su di esse influisce peraltro il fatto che i produttori di apparecchiature stanno cercando di spostare i ricavi in avanti (quindi sono in ritardo) e le entrate in aumento dovrebbero riflettersi nel prossimo trimestre. Di conseguenza, potremmo aspettarci una leggera crescita nel Q4.

Secondo Bloomberg, inoltre, mentre molte aziende hanno recentemente introdotto tagli consistenti agli investimenti, Samsung ed Intel risultano in controtendenza: la prima ha messo in cascina investimenti sui semiconduttori per $230 miliardi nei prossimi 10 anni; la seconda ha impostato una ripresa degli stessi di circa il 30% fino al 2024.

La debolezza del mercato potrebbe tuttavia prolungare i tempi di recupero del settore, e le incognite restano molte nel breve periodo.