Se n’è parlato all’incontro organizzato da conTemplata lo scorso 8 marzo a Milano (https://www.contemplata.it/2019/03/investimenti-immobiliari-e-finanziari-verso-il-giusto-connubio/): se la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammonta a circa 4.400 miliardi di euro (di cui più di 600 sul conto corrente), le attività reali, in gran parte immobili, sono stimate in circa 6.300 miliardi[1]. E storicamente, lo sappiamo, la relazione tra italiani ed immobili è stata quella di un lungo amore. Come mostra infatti la figura n. 1, le attività reali hanno sempre rappresentato (tranne un breve periodo ad inizi anni 2000) la parte preponderante del patrimonio degli italiani.

E non è di certo finito, questo lungo amore: una recente indagine di Nomisma indica come nel 2018, ed in prospettiva nei prossimi anni, il numero di famiglie italiane intenzionate ad acquistare casa nel breve termine sia in crescita. E ciò nonostante il fatto che nel nostro Paese la percentuale di possessori di prime case sia una delle più alte al mondo; d’altra parte il mantra è sempre stato “immobile = sicurezza”

 

Figura n. 1. Attività e passività delle famiglie italiane (in rapporto al reddito disponibile)

Fonte: Banca d’Italia, Novembre 2018. La ricchezza delle famiglie in sintesi (QEF 470)

 

E’ però abbastanza noto ai più che il mercato immobiliare sta soffrendo ormai da anni per una continua discesa dei prezzi (che solo recentemente sembra essersi arrestata), nonostante il numero delle compravendite sia tornato a crescere negli ultimi 3 anni[2]. La figura n. 2, di fonte Nomisma, bene illustra come la situazione si sia evoluta dai primi anni 2000 ad oggi. Ora, per quanto sia doveroso sottolineare che il mercato immobiliare sia caratterizzato da un elevato grado di eterogeneità (ogni immobile è diverso dall’altro), e sia fortemente influenzato dalla localizzazione del bene (un bilocale a Milano, ovviamente, ha un prezzo diverso di un bilocale in provincia), è indubbio che il lungo amore degli italiani per gli immobili sia oggi sottoposto a forti pressioni; e proprio per questo gli investitori cercano sempre di più un aiuto, un consiglio, o almeno un po’ di conforto.

 

Figura n. 2. Indice Nomisma di performance immobiliare (13 grandi città)

 

Il paradosso, in tutto questo, è che nonostante l’ampiezza del mercato non esiste, al momento, la figura del consulente immobiliare.

Certo, esistono gli agenti immobiliari, ma è noto che essi si occupano prevalentemente di singole transazioni, cioè aiutano l’investitore nella fase di compravendita senza poi seguire la gestione complessiva del patrimonio immobiliare nel corso del tempo. All’altro estremo, esistono invece i family office: questi effettivamente gestiscono ad ampio raggio il patrimonio finanziario e immobiliare della famiglia di riferimento, ma si sa…. sono solo per pochi eletti.

Altri professionisti, quali avvocati e commercialisti, possono sì imbattersi in problematiche giuridiche e fiscali inerenti il patrimonio immobiliare di un cliente, ma ciò avviene solo sporadicamente e su richiesta; tali figure, infatti, non sembrano al momento proporsi in maniera proattiva in tal senso.

E’ lecito ipotizzare, quindi, che un ruolo sempre più importante anche nell’ambito immobiliare possa essere svolto dai consulenti finanziari. E ciò almeno per due motivi:

  • da un lato, nonostante la storica tendenza degli italiani a tenere separati investimenti finanziari e immobiliari (e a gestire questi ultimi con un approccio “fai da te”), il consulente finanziario gode di un rapporto privilegiato con il cliente e può sfruttare l’elevata fidelizzazione per proporsi, anche, come guida per le decisioni di investimento in immobili.
  • Dall’altro lato, l’attuale propensione verso la consulenza patrimoniale (si veda al riguardo https://www.contemplata.it/2018/08/il-cuore-oltre-lostacolo/), finalizzata anche a meglio valorizzare il servizio offerto in vista delle prime rendicontazioni MIFID II compliant, porta giocofòrza i consulenti ad occuparsi dell’intero patrimonio del cliente, all’interno del quale, come detto, gli immobili hanno un peso rilevante. Ed inoltre, è facile osservare che una corretta gestione degli immobili potrebbe portare benefici anche alla componente finanziaria del patrimonio[3].

 

Ovviamente, per operare credibilmente come consulente immobiliare è necessario sviluppare specifiche competenze tecniche, ed adottare un approccio differente nella proposizione del proprio servizio di consulenza. Ciò non significa che il consulente finanziario debba diventare un agente immobiliare, così come, per occuparsi di passaggio generazionale, non occorre che egli diventi un avvocato o un notaio.

L’idea di fondo è che il consulente finanziario sia in grado di illustrare e proporre soluzioni nuove al cliente, attivando poi un network di esperti per poterle realizzare (magari supportato da appositi strumenti e tool messi a disposizione dalla mandante). Inizialmente, potrebbe addirittura essere sufficiente dare qualche buon consiglio e, soprattutto, far comprendere al cliente i principali errori che si possono commettere investendo in immobili.

 

Proponiamo allora alcune considerazioni in merito alla tematica.

Il primo erorre da evitare, da parte del consulente finanziario che si approccia all’ambito immobiliare, è proprio quello di demonizzare gli investimenti in immobili. Visto il forte legame affettivo degli italiani con il mattone, sarebbe infatti controproducente denigrare le scelte compiute in passato su tale asset. E ciò anche se oggi il cliente si ritrova con immobili vecchi, magari poco mantenuti, e difficilmente vendibili se non accettando una significativa perdita rispetto al prezzo di acquisto. In termini semplici: dire “vendi tutto e dammi i soldi da investire” (sebbene in alcuni casi potrebbe essere proprio la soluzione più razionale) non mi pare la chiave giusta per smuovere i clienti; anzi potrebbe ulteriormente irrigidire la posizione del cliente e creare ritrosia ad abbandonare lo status quo.

Meglio invece, a mio avviso, cercare il più possibile di ricondurre gli investimenti immobiliari nella più ampia logica della pianificazione finanziaria. Chi mi segue sui social e su conTemplata, sa che da tempo propugno l’idea che il punto di partenza per iniziare una buona pianificazione sia quello di chiedere al cliente: “A cosa ti servono i soldi?”. La stessa cosa si dovrebbe fare con il mattone: “A cosa ti servono gli immobili?”.

In generale, infatti, gli immobili hanno due finalità:

  1. a) uso personale, ed allora occorrerà portare il cliente a ragionare sul costo di mantenimento di tali beni e sulla effettiva necessità degli stessi (“ti serve veramente quella casa in montagna dove vai 2/3 volte all’anno?”);
  2. b) investimento, ed allora si dovrà far ragionare il cliente sulla reale redditività netta degli stessi, confrontandola in maniera equa ed onesta con la redditività di soluzioni alternative

 

Un altro aspetto da evidenziare agli amanti del mattone attiene alla corretta analisi e gestione dei rischi dell’immobiliare. Come sopra osservato, il mantra è sempre stato: mattone = sicurezza. Seguito dalle distorte credenze che: “il mattone sale sempre” e “il mattone non mangia”, cioè una volta comprato non ha costi (sic). In realtà è noto che l’investimento in immobili è caratterizzato da molti rischi non adeguatamente percepiti dagli investitori; a parte il fatto che il prezzo può scendere, e che l’affittuario potrebbe non pagare, vi possono poi essere altri rischi endogeni (vizi occulti, abusi non sanabili, rischio deperimento ecc..) e rischi esogeni (dequalificazione della zona, mutamenti normativi e fiscali, terremoti ecc..). Naturalmente a tali rischi corrispondono anche opportunità contrarie: il prezzo può salire, l’affittuario può pagare, la zona dell’immobile potrebbe essere riqualificata (cosiddetta gentrification), le tasse potrebbero scendere (no scusate, questo non è possibile).

 

Così come per gli investimenti finanziari, anche l’acquisto e la detenzione di immobili comporta diversi errori comportamentali, di tipo cognitivo ed emotivo. Su tali errori l’apporto del consulente finanziario, finalizzato a contenerne gli effetti, potrebbe allora essere di notevole valore; si sa, a volte basta evitare di farsi prendere dall’euforia e dall’emotività per fare scelte migliori.

Ma quali sono i tipici errori comportamentali che si commettono nel settore immobiliare? Facciamo alcuni esempi. Effetto dotazione: se in un determinato quartiere il prezzo al mq è di 1.500 euro, ed un appartamento di 100 mq vale su per giù 150.000 euro, colui che detiene un immobile di 100 mq in tale zona crederà comunque che il suo bene vale di più perché … è il suo, è esposto ad est, è al terzo piano, lo ha ristrutturato, è meglio arredato ecc.. In pochi casi tali caratteristiche specifiche alzeranno significativamente il prezzo in caso di vendita. Overconfidence: operando prevalentemente in una logica “fai da te”, questo errore comportamentale colpisce frequentemente gli investitori in immobili. Detto in altri termini, tutti pensano di avere fatto un affare (“ho comprato quella casa all’asta ad un prezzo ribassato del 50%”), non tenendo conto adeguatamente del fatto che se fosse stato un vero affare lo avrebbe probabilmente già fatto qualcun altro più esperto del campo. Euforia da acquisto: ci riferiamo qui alla fretta con cui si procede a comprare un immobile (senza far effettuare un’analisi delle condizioni dello stesso da uno specialista) quando si ritiene che il prezzo sia conveniente o si pensa che sia l’immobile della vita. Carente analisi dei costi di mantenimento: in un’ottica di pianificazione finanziaria è il peggior errore. Si compra un bell’immobile quando si hanno le potenzialità reddituali per mantenerlo, non considerando che in tarda età le spese potrebbero invece non essere sostenibili.

 

In termini più pratici, le azioni che un consulente finanziario potrebbe compiere fin da subito sono le seguenti:

  • Verifica ed analisi dell’esistente, meglio se effettuata attraverso un tool specifico di valutazione immobiliare messo a disposizione dalla mandante (cosa ormai non infrequente). Si tratta di un primo passaggio finalizzato non solo a stimare il valore attuale degli immobili posseduti dal cliente (anche e soprattutto in vista del passaggio generazionale), ma anche a verificare eventuali errori catastali. Non è infatti così raro che dalla suddetta analisi risulti che il cliente è ancora intestatario di parti di immobili o terreni che pensava di aver già ceduto. Nel caso ci si appoggi ad un professionista, tramite un parere o una vera e propria perizia, potrebbero addirittura emergere in questa fase situazioni di abusivismo (si spera sanabili), o vizi occulti dei beni posseduti che potrebbe causare controversie in sede di vendita.
  • Analisi della redditività degli immobili, con particolare riguardo agli aspetti fiscali. Questa disamina interessa specificamente gli asset detenuti a scopo di investimento. Domande del tipo: come sono affittati? A chi sono affittati? Per quanto tempo sono affittati? Quale tassazione si subisce su tali beni? Quali spese straordinarie sono prevedibili nei prossimi anni? … ecc… sono tutte domande utili per far ragionare il cliente sulla reale redditività degli investimenti effettuati.
  • A questo punto si può passare ad una consulenza più proattiva, che porti prima ad illustrare, e poi ad indirizzare il cliente verso alcune scelte di tipo strategico e tattico. Vediamo alcuni esempi:
  1. Monetizzare il valore dell’immobile. In che modo? Tramite una vendita immediata, anche se possibile solo a condizione di concedere un forte sconto rispetto al valore di immobili similari presenti sul mercato? Oppure attraverso la vendita della nuda proprietà, nel caso si trovasse l’acquirente disposto a tale operazione? E se non si riesce a vendere secondo le modalità tradizionali, potrebbe essere d’aiuto l’utilizzo di una forma di rent to buy? Infine, possibilità purtroppo ancora quasi inesistente in Italia, l’utilizzo di un reverse mortgage sarebbe in grado di creare una rendita?
  2. Valorizzare l’immobile. E’ necessario effettuare una ristrutturazione per accrescere l’appetibilità del bene? Quanto costa e quanto potrebbe aumentare il valore dell’immobile? Come consulente finanziario, sono in grado di proporre al cliente interessanti forme di lending per effettuare la ristrutturazione? E’ possibile un cambiamento di destinazione d’uso che renda più fruibile l’immobile?
  3. Diversificare il portafoglio immobiliare. Si tratta a mio avviso del fattore più critico. Non solo, come già osservato, l’investitore amante del mattone ha sempre prediletto il “fai da te”; egli ha anche commesso (quasi sempre) l’errore di concentrare i propri investimenti nello stretto ambito territoriale di residenza. Se ad esempio abita in provincia di Perugia, egli avrà probabilmente acquistato immobili da affittare agli studenti dell’Università di Perugia; se l’attrattività di tale università cala, gli immobili potrebbero rimanere a lungo sfitti. E’ quindi necessario far comprendere a questo tipo di investitori l’importanza di diversificare anche in ambito immobiliare; ovviamente, la cosa non è così semplice come avviene in ambito finanziario, dove anche con cifre investite non elevate, e soprattutto in tempi molto brevi, è possibile riassettare il proprio portafoglio per accrescerne il grado di diversificazione. Ciò nonostante, anche un minimo di diversificazione territoriale potrebbe accrescere notevolmente il valore e la redditività del patrimonio immobiliare. Detto in altri (e semplici) termini: se hai comprato 5 appartamenti a Perugia per affittarli, magari vendine 3 e comprane uno a Milano.
  4. Assicurare gli immobili. Come purtroppo avviene per diverse tipologie di rischi puri (invalidità, caso morte, non autosufficienza ecc..) anche nel settore immobiliare la sottoassicurazione è un fenomeno comune. Ad esempio, pur risultando che più del 30% dei comuni italiani si trova in zone ad alto rischio sismico, e che alluvioni e frane sono ormai all’ordine del giorno, la copertura da terremoti e da calamità naturali è ancora troppo poco utilizzata. O più semplicemente: siamo sicuri che le polizze casa coprano adeguatamente gli immobili dei clienti?

 

In conclusione: c’è tanto da lavorare, e il mercato è totalmente vergine.

Le condizioni per ampliare il proprio servizio anche all’ambito immobiliare sembrerebbero quindi ideali per i consulenti finanziari. Ma so già cosa molti di loro staranno pensando: “e come vengo pagato per questo ulteriore attività consulenziale?”. Risposta: chiedete alle mandanti …. Non posso dirvi tutto io.

 

Reference shelf

  • Banca d’Italia, Novembre 2018. La ricchezza delle famiglie in sintesi (QEF 470)
  • Nomisma, 2° RAPPORTO SUL MERCATO IMMOBILIARE – ANNO 2018
  • Agenzia delle entrate, Osservatorio del mercato immobiliare, 2018

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Fonte: Banca d’Italia, Novembre 2018. La ricchezza delle famiglie in sintesi (QEF 470)

[2] Si veda ad esempio Osservatorio Immobiliare, Agenzia delle Entrate.

[3] In effetti, se in passato era abbastanza comune che i flussi reddituali provenienti dagli immobili fossero investiti nel finanziario, oggi capita spesso il contrario: la componente finanziaria del patrimonio viene drenata per sostenere spese relative agli immobili e ciò depaupera le masse del consulente finanziario. Una corretta gestione integrata delle due componenti, immobiliare e finanziario, potrebbe invece equilibrare le dinamiche dei flussi di cassa del patrimonio.