L’elezione del Presidente Americano è come il Natale… prima o poi arriva! Magari ci fosse in Italia la stessa regolarità nella calendarizzazione delle votazioni: ogni 4 anni il martedì successivo al primo lunedì di novembre, non si sfugge. E solo due candidati tra cui scegliere.

E ogni volta che ci si approssima alle elezioni del Presidente USA, i mass media si affanno a cercare di prevedere quali effetti la vittoria dell’uno o dell’altro candidato avrà sull’economia a stelle strisce, sui mercati azionari, su questo o quel settore industriale. Non a caso circolano già da qualche tempo, anche sui gruppi social italiani, grafici che evidenziano l’andamento storico dello SP500 sotto l’egida di un presidente repubblicano piuttosto che democratico.

Ora, poiché il mantra degli ultimi anni nel settore del risparmio gestito è l’investimento sostenibile (SRI e criteri ESG), abbiamo provato a cercare di capire tra Trump e Biden chi si posiziona meglio sotto tale aspetto, rifacendoci ad una analisi di rencente apparsa sul sito www.dws.com

Beh, come noto Trump con l’efficientamento climatico e il problema del surriscaldamento del pianeta poco ci azzecca. Durante la sua presidenza egli ha infatti notevolmente ridotto, se non addirittura revocato, molti punti della environmental agenda di Obama. In particolare, ha destato non poco scandalo la decisione di uscire dal Paris Climate Agreement nel giugno del 2017; vi è poi stata l’abrogazione del Clean Power Plan nell’ottobre del 2017 e la forte riduzione del ruolo della Environmental Protection Agency.

La rielezione di Trump, quindi, non porterebbe a grandi cambiamenti, e miglioramenti, in una logica ESG. Anzi, per quanto attiene all’aspetto climatico potrebbero essere ulteriormente rilassate le regole del settore oil and gas per favorire la produzione americana

Viceversa, la vittoria di Biden potrebbe avere come conseguenza la reintroduzione di buona parte dell’agenda di Obama, e la decisione di rientrare nell’accordo di Parigi. Ovvio effetto sarebbe allora una forte spinta per tutti gli investimenti focalizzati sui criteri ESG e la sottoposizione delle imprese operanti nel settore energetico ad una più stringente legislazione mirante alla decarbonizzazione.

Una chiara e netta differenza tra i due candidati, dunque, esiste.

Ma fate attenzione al grafico seguente: la percentuale di votanti che indicano che il climate change sia per loro una questione “very important” è nettamente inferiore all’interesse citato per altri argomenti elettorali. Ed in particolare, come dicono proprio negli USA: It’s the economy, stupid!

 

[1] In aggiunta, alcune modifiche ai diritti degli shareholders introdotte lo scorso anno dalla SEC hanno reso più complesso, per chi volesse, attuare pressioni nelle assemblee societarie per spingere verso una maggiore adozione dei criteri ESG.