(Prima parte)

 

Siamo all’inizio di un nuovo super ciclo delle commodities?

Questa ipotesi viene considerata da più parti come uno dei temi d’investimento che caratterizzerà i prossimi anni. La situazione attuale presenta infatti delle analogie con le condizioni presenti in corrispondenza dell’ultimo grande ciclo delle commodities, iniziato negli anni 90, culminato nel grande rialzo del biennio 2006-2008 e terminato con la crisi dei Mutui Subprime.

Come allora, il contesto è caratterizzato da forti propulsori per la domanda di materie prime. All’epoca la spinta più forte veniva dalla crescita dell’economia cinese; oggi, al vigore di quest’ultima, si aggiunge il processo di transizione energetica, quale motore in grado di generare una rivalutazione pluriennale di alcune commodities. Materie prime quali rame, litio, terre rare e platino dovrebbero, a detta di molti analisti, essere sostenute da un forte aumento della domanda, data la loro importanza nell’ambito di tale processo.

Ma a fronte di una domanda attesa in aumento, in molti casi l’industria delle commodities ha visto gli investimenti in capacità produttiva calare negli anni scorsi. In un recente report, Schroders fa notare ad esempio come le principali società di petrolio e gas (ancora oggi principali fonti energetiche nonostante la transizione green) abbiano ridotto gli investimenti del 52% negli anni dal 2013 al 2020; e anche l’industria del rame ha seguito un trend similare, con un calo del 44% fra il 2012 e il 2020. La scarsità dal lato dell’offerta è un’altra condizione che accomuna il momento presente con il precedente ciclo delle materie prime. Il tutto si unisce ad aspettative di deprezzamento a lungo termine del dollaro Americano, valuta in cui le materie prime sono quotate, nonché ad attese già in parte confermate di crescita dell’inflazione; entrambe queste situazioni dovrebbero essere foriere di buona performance per le materie prime (sebbene l’inflazione potrebbe essere causata proprio dal loro aumento di prezzo)

Insomma, a detta dei gestori, gli ingredienti a sostegno di performance future positive delle commodities sembrano esserci tutti, anche perché, come si evince dal grafico sottostante, su base relativa, esse presentano margini di apprezzamento notevoli

In precedente articolo abbiamo parlato dell’utilità derivante dall’inserimento di materie prime in portafoglio, data la loro decorrelazione con gli asset tradizionali. Avevamo anche descritto le principali modalità con cui è possibile prendere posizione sulle materie prime. Ci concentriamo ora su cosa significhi investire in indici su commodities attraverso ETF che replicano gli stessi.

Prendendo in considerazione i driver di rendimento degli indici di commodities, è possibile elencare i seguenti fattori:

  • le variazioni del prezzo spot delle materie prime;
  • la struttura della curva a termine (curva forward) delle singole commodities;
  • il rendimento del collaterale, determinato dai tassi d’interesse di mercato e dalla loro evoluzione.

 

Prezzo spot e struttura della curva a termine delle commodities

Prezzo spot e struttura della curva a termine delle commodities

 

Gli indici di commodities sono panieri rappresentativi di contratti future su materie prime.

 

Al riguardo si era già osservato come, nella maggior parte dei casi, i gestori prendano posizione sulla singola materia prima tramite l’acquisto di derivati o non attraverso l’acquisto diretto della stessa. Quest’ultima ipotesi implicherebbe infatti costi e difficoltà logistiche connessi allo stoccaggio. Come ben noto, operando in derivati sorge il problema del cosiddetto rolling delle posizioni: in prossimità della scadenza del future si dovrà liquidare la posizione in essere e acquistare un altro contratto con scadenza più lontana.

Oltre ai costi di trading, è da rilevare che i prezzi delle due transazioni (chiusura e riapertura della posizione) generalmente non coincidono: mentre la vendita è effettuata ad un prezzo molto vicino al prezzo spot della materia prima (il prezzo del future tende infatti ad uguagliare il  prezzo spot in prossimità della scadenza), l’acquisto del contratto con scadenza più lontana potrebbe avvenire ad un prezzo più alto o più basso di questo, generando, a seconda dei casi, un guadagno o una perdita per l’investitore.

Il profilo di rendimento dell’investimento sarà quindi influenzato, oltre che dall’andamento del prezzo spot della materia prima, dal modo in cui prezzo a termine e prezzo spot si muoveranno l’uno nei confronti dell’altro. In particolare, se il prezzo spot risulta inferiore rispetto al prezzo a termine, l’indice sopporterà un costo nel momento in cui la posizione viene “rollata” su un contratto con scadenza più lontana. In questo caso, la curva forward della materia prima viene definita in contango[1].

In situazioni di equilibrio fra domanda e offerta, la curva forward di una materia prima presenta normalmente prezzi crescenti all’allungarsi della scadenza: i prezzi future comprendono, infatti, i costi per stoccare, assicurare e finanziare la materia prima, che il venditore dovrà sostenere essendo la consegna e il pagamento differiti nel tempo. Tali costi crescono al crescere del termine previsto dal contratto e vengono tecnicamente definiti con il termine cost of carry.

Formalizzando la relazione, otterremo la seguente equazione che rappresenta il prezzo atteso del future:

con:

F(t,T) = prezzo atteso al tempo t del contratto future con scadenza in T

St = prezzo spot del sottostante al tempo t

K(t,T)=spese di stoccaggio ed assicurazione (per semplicità si assume che siano sostenute interamente al termine del contratto)

R(t,T)=Tasso d’interesse

 

Oltre all’inclinazione positiva, conseguenza del cost of carry, la curva forward tende ad essere normalmente più ripida in corrispondenza delle scadenze future più vicine e maggiormente appiattita a mano a mano che si considerano scadenza più differite nel tempo. Ciò è dovuto al fatto che, in caso di scadenza più vicine nel tempo, il venditore è probabilmente già in possesso della merce, onde poter garantirne la consegna, e deve quindi sostenerne costi di stoccaggio e di assicurazione.

Quando l’offerta della materia prima è superiore alla domanda, la curva tende ad irripidirsi, con prezzi a pronti e per le scadenze più ravvicinate a forte sconto. Una tale situazione può originarsi per una domanda molto debole della materia prima, per esempio a causa di una recessione dell’economia, oppure per un eccesso di offerta, dovuto ad errori di previsione da parte dei produttori (ovvero per la presenza simultanea dei due fattori. Lo squilibrio porterà comunque i produttori a diminuire l’offerta, onde adeguarla alla richiesta del mercato; a meno che non ci si attenda un forte recupero di domanda nei mesi successivi. In un caso o nell’altro, la normalizzazione della situazione di squilibrio, determinerà un aumento delle quotazioni dei future con scadenze più lontane, che rappresentano la stima del mercato sul livello a cui i prezzi spot si attesteranno in futuro.

Questo tipo di situazione si è presentata in forma estrema nel corso del 2020, quando il mancato accordo fra i paesi Opec e la recessione provocata dall’emergenza Covid spinsero i prezzi del petrolio  al ribasso, portando  alcune scadenze  a registrare addirittura dei prezzi negativi, con i produttori (i venditori di contratti future) disposti a pagare pur di liberarsi dei barili di petrolio prodotti, ormai quasi impossibili da stoccare, e gli acquirenti (la parte lunga del contratto future) impegnati, per gli stessi motivi, a liberarsi dei contratti future in loro possesso.  Il successivo accordo fra Russia e Arabia Saudita in merito al taglio della produzione, nonché la previsione di una ripartenza dell’economia post lockdown, portarono il mercato a scontare una situazione meno problematica nei mesi successivi, generando un elevato contango della curva a termine, con prezzi future molto più elevati per le scadenze più lontane rispetto a quelle più immediate.

L’immagine sottostante illustra la forma della curva a termine del petrolio e i costi di rolling fra una scadenza  e l’altra ad Aprile del 2020.

Fonte: Mazziero Research.

 

Notiamo l’inclinazione molto accentuata della parte di curva relativa alle scadenze più vicine, con costi di rolling del 37% e del 61% nel passaggio ai contratti con scadenza uno e due mesi per il WTI.  E’ evidente la pressione in vendita sul mercato a pronti e la presenza di oneri di stoccaggio altissimi. Man mano che l’orizzonte si allunga, la curva tende ad avere un forma più appiattita: il mercato sconta una situazione meno tesa dal lato dell’offerta, nonché un ripresa dell’economia dopo il periodo di lockdown.

 

L’immagine che segue evidenzia invece la dinamica di allargamento degli spread fra scadenze future avvenuta fa Marzo e Aprile 2020.

Fonte: www.marzottosim.it.

 

A fronte di tale situazione di mercato, sarebbe stato opportuno l’acquisto di un ETC sul petrolio per puntare su una risalita del prezzo?

 

Il quesito non è di facile soluzione; quello che possiamo dire è che, pur in presenza di prezzi future molto bassi e quindi di un punto d’ingresso sul mercato invitante, l’operazione sarebbe stata caratterizzata da un profilo di rischio notevole, con i costi di rolling fra contratti potenzialmente in grado di annullare l’eventuale risalita del prezzo della materia prima (a meno, ovviamente, di una repentina inversione della curva forward o, quantomeno, di un suo appiattimento).

Le evidenze fornite, ci fanno concludere che un contango molto accentuato della curva forward è compatibile con uno scenario attuale di tipo bearish per la materia prima in questione.

La situazione opposta si verifica quando il mercato presenta un eccesso di domanda oppure una scarsità dell’offerta. In questo caso, Il prezzo spot e quello relativo alle scadenze future più immediate tenderanno a crescere, facendo assumere alla curva un’inclinazione negativa; in tale situazione opera quello che viene tecnicamente definito “Convenience Yield”, inteso come il vantaggio derivante dalla detenzione della materia prima fisica. Tale possesso comporta vantaggi sostanziali per le imprese utilizzatrici: esso permette infatti di   gestire improvvise variazioni della domanda senza interrompere o contingentare le forniture nei confronti dei clienti oppure non trovarsi nella condizioni di dover effettuare frequenti revisioni delle quantità prodotte.

Viene abbastanza naturale pensare come questa convenienza aumenti nel caso in cui la domanda sia molto forte o l’offerta scarsa.  Se il Convenience Yield è più elevato dei costi di stoccaggio e assicurazione e dei costi di finanziamento della materia prima, la curva forward assume un’inclinazione negativa.

A titolo di esempio, riportiamo una recente evidenza relativa alla curva forward del rame, materia prima che si trova attualmente in una fase di mercato fortemente rialzista. E’ evidente, in questo caso, come il passaggio da un contratto future all’altro si traduca in un guadagno per l’operatore che decide di mantenere aperta la posizione nel tempo.

Fonte: intermarket&more.

E’ altresì vero che il passaggio da una forma all’altra della curva può mutare completamente lo scenario e presuppone quindi un monitoraggio costante della posizione.

 

Il rendimento del collaterale

Tutti i maggiori indici di commodities presenti sul mercato (dal Bloomberg Commodity Index al Thomson Reuters/CoreCommodity CRB solo per citarne alcuni) sono totalmente collateralizzati (fully collateralized).

L’investimento in future, infatti, non comporta un esborso immediato, se non per il versamento di margini. L’importo destinato all’acquisto dell’indice (meno il versamento del margine) potrà essere quindi investito in un collaterale, solitamente composto da titoli governativi (T-bill Usa) con scadenza pari a quella del contratto future. Alla scadenza del contratto, e a seguito del meccanismo di roll-over su un’altra scadenza, l’investimento nel collaterale verrà rinnovato. Il rendimento dell’indice sarà quindi influenzato anche dalle dinamiche relativa ai tassi d’interesse.

 

Come prendere posizione sulle commodities?

Se si utilizzano direttamente o indirettamente derivati, al fine di investire in commodities, siamo di fronte ad una asset class le cui modalità di funzionamento sono alquanto complesse, e quindi poco consigliabile per chi volesse far da sé.  L’investitore retail, per quanto appassionato di materie prime, difficilmente è in grado di reperire, e saper interpretare, informazioni sulle variazioni di prezzo dovute alla stagionalità, sulla struttura a termine della curva forward e la sua movimentazione, sull’andamento della domanda e dell’offerta di quella materia, ecc…

Non sono purtroppo pochi, ad esempio, gli esempi di investitori dilettanti in petrolio e gas naturale spiazzati dall’elevato effetto contango. Per gli irriducibili della “scommessa” singola, il consiglio è quindi quello di mantenere le posizioni per un periodo non superiore alle 3/4 settimane. Una soluzione più efficiente e meno rischiosa potrebbe invece essere quella di investire in indici di commodities che, in quanto panieri diversificati di materie prime, sono caratterizzati da driver di prezzo diversi e diverse curve forward.

Nelle figure sottostanti sono riportate la composizione e la performance dei principali indici di commodities. Molti di questi indici sono replicabili tramite l’acquisto di ETF. Sono inoltre disponibili ETF su sotto-indici estrapolati da quelli principali e più noti.

Fonte: www.justetf.

Fonte: www.justetf.com- Aggiornamento 31/08/2020.

Fonte: www.justetf.com- Aggiornamento 31/08/2020

www.justetf.com

 

I vari indici ponderano le materie prime in modo anche sensibilmente diverso l’uno rispetto all’altro; ciò riflette diversi procedimenti di selezione e composizione del portafoglio. Per esempio, il Bloomberg Commodity (precedentemente indice Dow Jones UBS Commodity) basa i pesi delle commodities sulla loro rilevanza economica, nonché sulla relativa liquidità. Viene inoltre favorita la diversificazione tramite la previsione di limiti al peso della singola materia prima o di gruppi di commodities.

Il Refinitiv/Core/commodity CRB suddivide invece il portafoglio in quattro gruppi di materie prime, sulla base della liquidità delle stesse. Tale caratteristica viene misurata in termini di bid/ask spread, volumi di trading e open interests.  Altri aspetti considerati sono la rilevanze economica e l’efficacia, nell’ambito dell’asset allocation di portafoglio, in merito a peculiarità associate all’investimento in commodities (es. difesa dall’inflazione, decorrelazione). L’indice UBS Bloomberg CMCI basa invece le ponderazioni su indicatori di carattere economico, nonché su caratteristiche in termini di liquidità.

Gli indici presentano inoltre caratteristiche diverse in termini di concentrazione: si va dalle 19 materie prime rappresentate nell’indice CRB, in cui fra l’altro la componente energetica ha un’elevata ponderazione (39%), alle 38 del Rogers International Commodity (RICI), alle 29 dell’UBS Bloomberg Commodity CMCI. Il diverso numero di materie prime rappresentate, così come la più o meno elevata concentrazione del portafoglio su determinati settori, determinano profili di rischio diversi.

Infine, un altro aspetto molto rilevante è dato dal modo in cui i vari indici gestiscono, implicitamente, il rolling fra contratti future. Nel tentativo di replicare il più fedelmente possibile il prezzo spot della materia prima, generalmente si considera l’acquisto di contratti con scadenza mensile che vengono venduti prima del termine per ricomprarne altri in scadenza il mese successivo. Ciò può comportare l’insorgere di costi nel caso in cui la curva forward sia in contango.

Alcuni indici cercano tuttavia di ottimizzare tale processo. Per esempio, l’indice Optimized Roll Commodity, basato sul Bloomberg Commodity, anziché selezionare i contratti future in corrispondenza di una tabella di marcia predefinita (cioè mensile), sceglie, in fase di rolling, le scadenze che minimizzano l’eventuale effetto contango e massimizzano la backwardation della curva a termine. E ciò ha effetti positivi in termini di performance. Se confrontiamo infatti l’Optimized Roll Commodity con il Bloomberg Commodity vediamo che il primo ha espresso performance migliori in modo pressoché costante nel corso degli anni, oltre che patire meno il drawdown dell’anno scorso.

Molto interessante è anche la modalità tramite cui opera l’UBS Bloomberg CMCI; tale indice diversifica l’esposizione in future su una serie di scadenze liquide, non limitandosi a quelle più vicine, ma avendo la possibilità di tenere fino a cinque scadenze per commodity. Inoltre, esso viene ribilanciato giornalmente per mantenere costante la maturity, attenuando in questo modo le criticità connesse a rolling fra contratti. Anche in questo caso, la strategia sembra essere premiante; fra gli indici considerati, l’ UBS Bloomberg Commodity CMCI è quello che ha espresso, in modo pressoché costante, le migliori performance. Le strategie di ottimizzazione del rolling disponibili sul mercato sembrano quindi permettere di gestire con una certa efficacia le variazioni di pendenza delle curva forward.

 

Reference Shelf

-Curve forward nei future finanziari e nelle materie prime. Maurizio Mazziero

https://www.mazzieroresearch.com/wp-content/uploads/2012/10/Curve-forward-nei-future-finanziari-e-nelle-materie-prime.pdf

-Falsi miti e credenze del mercato commodity. Maurizio Mazziero,  Mazziero Research. 15 Luglio 2015

https://www.mazzieroresearch.com/wp-content/uploads/2015/10/Mazziero-Falsi-miti-e-credenze-del-mercato-commodity.pdf 

-Collateralized Commodity Futures. Methodology Overview. Research Affiliates

https://www.researchaffiliates.com/content/dam/ra/documents/AA-Commodities.pdf

-Investimenti, commodity: cinque motivi per un nuovo super ciclo. www.bluerating.com. 08/03/2021

https://www.bluerating.com/mercati/691106/investimenti-commodity-cinque-motivi-un-nuovo-super-ciclo

 

[1] La curva forward, o curva a termine, altro non è che una curva che associa un prezzo alle scadenze dei vari contratti future presenti sul mercato. Se si verifica la situazione opposta, con il prezzo a termine più basso del prezzo a pronti, l’investitore realizzerà un guadagno semplicemente rollando la posizione da un future all’altro. Questo tipo di fenomeno viene definito con il termine backwardation.