La notizia dell’acquisto di Twitter da parte del visionario imprenditore Sudafricano (ma naturalizzato statunitense) Elon Musk, ad un prezzo di 54,2$ ad azione (per un totale di 44 miliardi di dollari), è ormai entrata nelle case di tutto il mondo.
Ma cosa si cela dietro a questa scelta?
Elon Musk ha dichiarato ufficialmente sul suo profilo Twitter, seguito ad oggi da più di 90 milioni di persone, di come “La libertà di parola” sia “il fondamento di una democrazia funzionante e Twitter” sia “la piazza della città digitale in cui si dibattono questioni vitali per il futuro dell’umanità”. Ha inoltre aggiunto di voler migliorare il prodotto con nuove funzionalità, sconfiggendo i Bot e obbligando tutti gli utenti a un’autentificazione della loro persona.
Musk ha inoltre deciso, dopo aver messo per lungo tempo in pausa la trattativa d’acquisto, di rivedere la propria offerta, dichiarando proprio su Twitter come il CEO di Twitter si sia rifiutato di dimostrare che “gli account Bot siano meno del 5%”.
Battaglia, quella agli account automatizzati, sulla quale si è soffermato anche il 16 giugno in occasione del suo dialogo faccia a faccia con i dipendenti del social, dove ha dichiarato la necessità di “rendere molto più costoso avere un esercito di troll”, riferendosi ai Bot.
Dunque, libertà di parola e miglioramento dei servizi offerti sarebbero le motivazioni dietro allo shopping di Musk a Wall Street. Ma le reali ragioni potrebbero essere altre.
Un interessante aspetto, secondo uno studio dell’agenzia SparkToro pubblicata sul TIME, consiste nel fatto che se Elon Musk riuscisse veramente ad eliminare da Twitter tutti i Bot, i profili falsi e gli inattivi, ben il 48% dei suoi followers svanirebbero nel nulla (portando il numero a circa 46.3 milioni). Secondo fattore degno di nota sarebbe l’influenza (peraltro sotto osservazione da parte delle Autorità di vigilanza) del social network sui titoli scambiati a Wall Street.
Come evidenziato da una ricerca condotta da David Kirsch (professore alla Robert H. Smith School of Business dell’Università del Maryland) e pubblicata dal Los Angeles Times, le attività dei cosiddetti “bot” (Account Twitter automatizzati), avrebbero avuto un ruolo significativo nella spinta della valutazione di mercato di Tesla, oggi poco sotto i mille miliardi di dollari.
È proprio il professor Kirsch a sostenere di come “nessuno” sia stato “più abile nell’usare Twitter per controllare la narrativa pubblica”, e di come l’investimento in Twitter potrebbe essere riferito a una paura di Musk che le recenti politiche della società avrebbero potuto “limitare la sua capacità di utilizzo della piattaforma”.
L’importanza del social per la spinta comunicativa delle società dell’imprenditore Sud Africano viene confermata anche da Martin Sorrell, fondatore di WPP e oggi Chairmen di S4 Capital, che al Milano Marketing Festival del 3 maggio 2022 ha dichiarato di come Elon Musk “con Twitter potrà comunicare direttamente con 200 milioni di consumatori, e questo sarà importantissimo per il Marketing e la Comunicazione delle sue società”.
La stessa ricerca del professor Kirsch, curata assieme al suo assistente Chowdhury, ha evidenziato come nel decennio 2010-2020 di circa 157 mila di tweet pubblicati con l’hashtag #TSLA ben il 23% è stato prodotto da Bot, e la percentuale si aggira intorno al 10% per i circa 1,4 milioni Tweet pubblicati dai primi 400 account con il cashtag $TSLA
Nonostante Kirsch non sia ancora riuscito a dimostrare effettivamente un collegamento diretto tra tweet e valori azionari, monitorando 186 Bot Account legati a Tesla egli ha riscontrato un aumento medio del 2% nel titolo dopo la loro pubblicazione sulla piattaforma.
Ora, sebbene i due ricercatori abbiano evidenziato come non vi sia una relazione causale tra i due fattori, l’importanza di interrogarsi sul perché il titolo nei periodi di massima creazione di tweet da parte dei Bot abbia quasi sempre registrato tendenze rialziste è lecita.
A peggiorare la situazione di Musk su questo tema ci sarebbe anche una causa nei suoi confronti portata avanti da Keith Johnson, che lo accuserebbe di aver manipolato direttamente il prezzo della nota criptovaluta Dogecoin in un deliberato “schema di criptovalute” su Twitter (Musk viene citato in giudizio per la somma di 258 miliardi di dollari).
Nonostante questi dubbi il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ha dichiarato proprio su Twitter come “l’obbiettivo di Elon” sia quello di “creare una piattaforma che sia affidabile al massimo e ampiamente inclusiva”. Si è inoltre detto “felice che Twitter continuerà a servire la conversazione pubblica”, sostenendo che con all’acquisto da parte di Musk “questa è la strada giusta”.
Solo il tempo ci saprà dire quale posto spetta a Twitter in mano al visionario patron di Tesla, con l’augurio che la libertà di parola si dimostri essere la vera sfida di Musk, e non solo una semplice dichiarazione di facciata.