L’inclinazione della curva dei tassi americani (US slope curve), normalmente misurata come differenziale tra i tassi governativi nelle scadenze a dieci e due anni (10y – 2y), è sempre stata considerata uno degli indicatori principe per capire in quale fase del ciclo economico ci si trova.

La buona capacità previsiva di questo indicatore si è constatata nel tempo quando il suo valore ha raggiunto valori prossimi allo zero se non negativi (quindi 10y – 2y leggermente positivo o minore di zero); a tali situazioni, infatti è spesso susseguita una imminente fase recessiva dell’economia.

Ma quali sono le variabili che incidono sulla struttura della curva dei tassi? Sicuramente le aspettative di mercato, da un lato, ma altrettanto certamente la politica monetaria adottata dalla Banca Centrale che, chiaramente, ha un importante effetto sul differenziale dei tassi (e sulle stesse aspettative di mercato).

Come noto, infatti, la Fed abbassando e alzando i tassi di interesse nelle diverse fasi del ciclo economico “controlla” la parte a breve della curva (leggasi tasso a due anni) e, contemporaneamente, l’effetto della sua azione si riverbera sulla parte lunga (leggasi tasso a dieci anni).

In particolare, il passaggio da una fase espansiva a una restrittiva incide proporzionalmente di più sulla parte a breve (qui si passa da un tasso molto basso, di solito vicino allo zero) rispetto a quella a lunga. È così che il differenziale passa dall’essere molto ampio (fase espansiva) a scendere vicino allo zero o addirittura raggiungere valori negativi (fase restrittiva).

Di seguito riportiamo un grafico che illustra l’andamento del differenziale in oggetto (in basis points) negli ultimi trent’anni (linea blu). L’indicatore ha assunto valori negativi o prossimi allo zero all’incirca 3 / 6 mesi prima delle ultime tre recessioni: quella del 2000, del 2007 e del 2020 (evidenziate dai tre cerchi rossi).

Oggi l’indicatore è a +10bps circa e nel corso del 2022 abbiamo toccato anche valori negativi (ultimo cerchio arancione a destra).

US slope (10y – 2y) – in bps

Possiamo allora affermare che questo indicatore ci sta segnalando una futura recessione? E, soprattutto, come lo coniughiamo con l’andamento dell’economia reale? Per esempio, con il comportamento dei consumatori?

Alla fin fine sono questi ultimi che, con le loro decisioni di spesa o di risparmio, determinano o perlomeno influenzano la futura fase economica.

C’è allora un indice molto conosciuto che analizza il comportamento dei consumatori americani che si chiama Consumer Confidence Index (US Conference Board Consumer Index) e che può essere utilizzato con un duplice scopo: il primo è verificare la capacità predittiva del differenziale dei tassi a 10 e 2 anni della curva governativa americana; il secondo è mostrare come il comportamento dei consumatori americani influenza il ciclo economico.

Il Consumer Confidence Index è un sondaggio mensile che delinea le attitudini e i comportamenti dei consumatori americani ed è composto da due sottoindici: uno che riporta le condizioni attuali del consumatore (The Present Situation Index) e uno che ne evidenzia le aspettative (The Expectation Index): ciò che il consumatore si aspetta nel prossimo futuro (parliamo delle classiche prospettive).

Nel grafico che segue vengono sovrapposti il differenziale tra la parte a lunga e quella a breve della curva governativa americana (10y – 2y sulla scala sinistra) con il delta tra le aspettative dei consumatori e le loro condizioni attuali (serie di colore giallo sulla scala di destra).

 

US slope (10y – 2y) vs Delta Consumer Conference Index (Expectation – Actual)

Come si evince dal grafico, una curva quasi piatta, indicatore utilizzato per segnalare un’imminente fase recessiva segue con un’alta correlazione (R2 = 70) il differenziale tra le condizioni future (The Expectation Index) e quelle attuali (The Present Situation Index) sulla scala di destra con valore oggi negativo e pari a -70.

Il – 70 significa che le aspettative che il consumatore ha per il futuro sono nettamente inferiori alle condizioni che sta vivendo oggi. A onore del vero, i mercati finanziari sono mesi che con i loro ribassi rispecchiano questa prospettiva, poiché, come noto, i mercati finanziari comprano il futuro e non il presente.

La loro discesa oggi marca un rallentamento, ma non prezza probabilmente ancora una vera e propria recessione. Pertanto, sarà la battaglia tra la Fed e l’inflazione a incidere inevitabilmente sulle prospettive e le aspettative dei consumatori, sulla curva dei tassi e soprattutto sui ritorni futuri delle attività finanziarie.

Se l’inflazione è nella fase finale del suo percorso (quindi siamo vicini al picco) il compito della Fed sarà relativamente più facile in quanto ai rialzi attesi non se ne dovranno aggiungere degli altri (magari toglierne qualcuno tra quelli già prezzati) e a questo punto un soft landing (atterraggio morbido) potrebbe essere lo scenario più probabile.

Viceversa, se l’inflazione non è alla fine del suo corso, la lotta che la Fed sta combattendo sarà più dura e lunga del previsto e, probabilmente, la condurrà ad ulteriori incrementi dei tassi di interesse (non ancora prezzati) che saranno tali da rendere il rischio di un hard landing sempre più probabile.